Vincenzo Ruggiero, il mistero del telefonino: “Un messaggio quando era già stato ucciso”
L'ennesimo tentativo di depistaggio? Chi, come e perché ha inviato un messaggio dal telefono di Vincenzo Ruggiero, il 7 Luglio alle 20.04, quando il 25enne, molto probabilmente, era già nelle mani di chi lo ha ucciso? La tempistica e lo stile lasciano pensare: questo è quanto sostiene la difesa della famiglia Ruggiero. Esiste un messaggio inviato a quell'ora, mentre – con ogni probabilità – il tragico incontro tra Vincenzo e Ciro Guarente, che lo ha ammazzato, era già avvenuto. Guarente, in base a quanto emerge, si sarebbe appostato diverse ore prima, nel pomeriggio, e avrebbe aspettato il giovane intorno alle 18, a casa della compagna Heven Grimaldi, che in quei giorni non era ad Aversa, come ha raccontato la testimone agli inquirenti. Heven ospitava a casa il ragazzo, che avrebbe suscitato la gelosia ossessiva e poi la furia omicida di Ciro Guarente. Il killer gli avrebbe sparato due colpi al petto, poi sarebbe andato nel garage di Ponticelli, periferia est di Napoli, per occultare i resti tagliando a pezzi il corpo.
Guarente, in carcere a Santa Maria Capua Vetere (Caserta), si è chiuso nel mutismo e non parla con gli inquirenti dal giorno della sua "mezza" confessione dopo un fitto interrogatorio, quando ha raccontato che Vincenzo aveva battuto la testa durante una lite e che lui ne aveva gettato il corpo a mare. Da allora non ha più parlato: non dopo l'orribile ritrovamento del corpo, murato in un garage abusivo a Ponticelli, e nemmeno dopo l'autopsia.
Secondo la ricostruzione della criminologa Alessandra Sansone, è praticamente impossibile che quel messaggio sia stato inviato dalla vittima. Per la tempistica, innanzi tutto: è altamente probabile che alle 20.04 fosse già tutto compiuto. Il destinatario di quel messaggio era F., uno dei migliori amici di Vincenzo: avevano appuntamento per festeggiare un successo lavorativo.
F. è stato anche tra i primi ad avanzare dubbi sull'allontanamento volontario del caro amico. Scriveva infatti sul suo profilo Facebook pochi giorni dopo la scomparsa del ragazzo, avvenuta il 7 Luglio scorso: "Questa settimana (Vincenzo, ndr) avrebbe dovuto firmare il contratto che tanto attendeva. Quello per il quale noi venerdì, giorno della sua scomparsa, avremmo dovuto festeggiare. Avevamo organizzato questo appuntamento da una settimana, la mattina del venerdì in un messaggio vocale mi sottolinea di non dimenticarmi del nostro appuntamento. Per noi era importante vederci". Poi continua, avanzando dubbi – dimostratisi drammaticamente fondati – sull'allontanamento volontario: "Se una persona ha preventivato la fuga, non si organizza fino a due ore prima con il suo migliore amico. Non puoi dalle 17 alle 20 decidere di riprogrammare una esistenza, non così. Non avrebbe avuto senso".
"Qualcosa ci sfugge", scriveva su Facebook F. il 13 Luglio scorso. E dava anche dei riferimenti temporali. E' altamente probabile che Vincenzo abbia trovato la morte proprio tra le 17 e le 20 di quel venerdì d'inizio Luglio. Desta quindi molti dubbi il messaggio che F. riceve dopo le 20: "Amica, mi dispiace, ho avuto un contrattempo di lavoro". Più o meno è questo il senso del messaggio. Non solo la tempistica insospettisce, ma anche lo stile: i due si chiamavano "amika" nei messaggi, in maniera ironica, con il femminile e con la "k", e conversavano su whatsapp in una forma abbastanza "smart", non troppo attenta alla punteggiatura. "Noi siamo convinti che quel messaggio non sia stata opera di Vincenzo per i tempi, per la forma grammaticale e per il fatto che non vengono usate le "k"- conclude la criminologa Sansone – Per noi quel messaggio è stato inviato dopo l'omicidio, con lo scopo di depistare gli inquirenti già da subito". Le indagini dei Carabinieri di Aversa diretti dal Maggiore Antonio Forte e dal tenente Flavio Annunziata, coordinati dalla Procura di Napoli Nord, diranno di più, confrontando celle di aggancio dei telefonini e spostamenti.