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Terra dei fuochi: un anno dopo non è cambiato un cazzo

Vista dall’alto, la zona della Terra dei fuochi è identica a un anno fa: discariche, ecoballe, rifiuti tossici sversati ovunque. I decreti sono rimasti sulla carta, i monitoraggi sanitari sono arenati fra le polemiche. Si scende di nuovo in piazza contro il Biocidio ed è l’ultima occasione che ha la politica per mostrare un cambiamento di rotta: ne va della credibilità delle istituzioni. E soprattutto della vita di migliaia di persone.
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È passato un anno, sembra un secolo. È passato un anno dall'incredibile attenzione su quella zona tra le province di Napoli e Caserta definita come "Terra dei fuochi". Commoventi testimonianze in diretta tv, talk show con urla e reciproche accuse, comunicati stampa dei politici, articolesse degli inviati in cerca di cancro e rabbia, di indignazione, immagini devastanti e della storia choc. Di tumore si muore ancora, tutti i giorni, si muore in ogni parte del mondo, sia chiaro, ma proverei a chiedervi di andare in uno qualsiasi dei comuni della Terra dei fuochi, da Caivano ad Aversa, da Giugliano a Casal di Principe e restarvi per più di qualche giorno, il tempo di capire che dei cicli di chemioterapia si parla come in altri posti normali si discute che so, delle vacanze. Quella che viene definita la Spoon river dei morti di veleni tossici si allarga mese dopo mese. E alle storie della madre poco più che trentenne fulminata dal cancro si aggiunge quella dei due coniugi, marito e moglie che s'ammalano di due tumori diversi, contemporaneamente. Del bambino colpito dal male incurabile, del giovane così forte e diventato un fantasma, mangiato dal Male. Ma sì, dai, non c'è un nesso di casualità e poi, si sa, lo dicono i ministri, all'ombra del Vesuvio è lo stile di vita che condanna.
E così, con quest'Ice bucket di stronzate lava-coscienza siamo andati avanti un altro anno ascoltando di decreti, aspettando queste bonifiche, questi dati scientifici che incontrovertibilmente, inequivocabilmente, inesorabilmente dovrebbero dimostrare, definire, l'entità del danno, la macchia di morte quant'è dilagata sul terreno, nell'acqua, nell'aria.
E invece.

E invece è bastato far alzare un drone sulle terre di Caivano, sulle ecoballe di Taverna del Re, sulle discariche illegali che ammorbano un territorio intero per realizzare che no, non è cambiato nulla in un anno di promesse, annunci, decreti, conferenze stampa e mobilitazione di vip, cantanti, soubrette in cerca di notorietà a buon mercato. Alessio Viscardi e Antonio Musella hanno raccontato in redazione un particolare emblematico: si sono recati in una delle millemila discariche del Napoletano, una di quelle già visitate lo scorso anno proprio di questi tempi e, sorpresa amara, hanno trovato gli stessi fusti, gli stessi identici fusti di chissà quale lurido e venefico sversamento industriale, nella stessa posizione – fanno fede le immagini – in cui erano stati documentati dodici mesi fa. Dodici mesi fa la grande manifestazione Fiume in piena metteva in piazza la rabbia di comitati, residenti, parenti delle vittime di veleno che non avranno – ne siamo tristemente convinti – mai giustizia nelle aule di tribunale, non vedranno mai definiti i nomi e i cognomi dei colpevoli di questo avvelenamento di massa.

Nessuno è fesso. Nessuno sperava in un miracolo: chi si sveglia la mattina nella zona di Napoli Nord e si trova davanti un mare di ecoballe visibili perfino dalle mappe aeree di Google e drammaticamente mostrate dalle nostre immagini col drone, non può sperare in un miracolo anche se è il più ottimista fra gli ottimisti. Nessun tocco magico, nessuna mano del Padreterno può oggi sanare in un attimo quel che l'uomo ha devastato nel corso di decenni.  Però qualcuno sperava che partissero le bonifiche dopo la fortissima attenzione catalizzata dalla vicenda. Che i monitoraggi non si arenassero in beghe. E invece no, l'approccio "all'italiana" dell'emergenza ha preso il sopravvento.

Domani, 29 novembre a Casal di Principe, un anno dopo il "Fiume in piena" un'altra marcia sfilerà lungo i territori per anni avvelenati da mano criminali. È la mano tesa della cittadinanza, della società civile e della buona politica a chi ha il dovere di monitorare, bonificare, punire. Altre perdite di tempo non sono più concesse: ne va non solo della salute di centinaia di migliaia di persone, peraltro già ampiamente compromessa,  ma anche della credibilità di un governo che  da troppo tempo sulla vicenda Terra dei fuochi campa con slide e dichiarazioni spot.

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Giornalista professionista, capo cronaca Napoli a Fanpage.it. Insegna Etica e deontologia del giornalismo alla LUMSA. Ha una newsletter dal titolo "Saluti da Napoli". È co-autore dei libri "Il Casalese" (Edizioni Cento Autori, 2011); "Novantadue" (Castelvecchi, 2012); "Le mani nella città" e "L'Invisibile" (Round Robin, 2013-2014). Ha vinto il Premio giornalistico Giancarlo Siani nel 2007 e i premi Paolo Giuntella e Marcello Torre nel 2012.
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