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Napoli, tre morti di camorra in poche ore. E c’è ancora chi blatera di rivoluzione

Ma quale città liberata: a Napoli la camorra se ne frega di chi sta da 7 anni nel Palazzo e blatera di rivoluzione e continua a far affari e mietere vittime quando e come vuole, i tre morti di oggi lo dimostrano. De Magistris abbia il coraggio politico di ammetterlo e vada a Roma a chiedere risorse per una emergenza mai cessata.
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In poche ore il totalizzatore dei morti di camorra a Napoli ha contato tre vittime in due diversi agguati (6 vittime in 48 ore considerando anche l'hinterland), uno nella notte nell'area della movida, Chiaia, l'altro in pieno giorno a Miano, periferia Nord in piena faida con il rione Sanità. Dunque dopo settimane di far west notturno, con le ‘stese', i raid armati contro serrande e finestre, ora pistole e mitragliette hanno affinato la mira e a finire a terra sono esseri umani, in una serie di regolamenti di conti che da tempo, troppo tempo, vanno avanti con un rigernerarsi continuo di boss, baby boss e manovalanza armata fino ai denti per spaccio e agguati.

Le colpe non possono essere indirizzate verso l'uno o l'altro ente o istituzione. Certo è che stupisce l'atteggiamento del sindaco di Napoli Luigi De Magistris ad ogni notizia di omicidio. Quasi preda di una coazione a ripetere, egli continua a indicare altrove indirizzando (o meglio tentando di farlo) oltre Napoli lo sguardo di commentatori e giornalisti. Anche oggi è andata così: «Occorrono più risorse umane e materiali contro la criminalità, lo stiamo chiedendo da tempo. Ci sono stati impegni da parte del governo centrale che devono essere mantenuti».

Allontana ogni responsabilità dalla sua azione di governo della città, il politico arancione, quasi come se la dimensione di amministratore locale lo esentasse da ogni azione tesa al recupero della legalità in ogni ambito delle sue competenze. I parcheggiatori abusivi sono gestiti e versano la quota alla camorra; i venditori abusivi acquistano dai clan la merce contraffatta; le bancarelle senza permesso, gli spazi stradali occupati senza permesso, le truffe davanti alla stazione centrale, lo spaccio di stupefacenti in centro, sono tutte questioni in cui Palazzo San Giacomo può e deve mettere impegno nell'ambito del contrasto. E non è così, chi vive Napoli sa benissimo che non va così. «Le forze dell'ordine e la magistratura a Napoli fanno un lavoro importante con professionalità coraggio e orgoglio» continua, dimenticando le recenti dichiarazioni sull'azione dei carabinieri davanti al centro sociale Mezzocannone Occupato a difesa degli attivisti, non certo dei militari che operavano in zona nel cuore della notte.

Servirà sicuramente quel rafforzamento tanto auspicato di uomini e mezzi, come è sempre servito, dagli anni Ottanta a oggi, nel capoluogo partenopeo, per contrastare il fenomeno camorristico. Servirebbe altrettanto fermare qusta narrazione entusiastica – quanto tossica – a uso e consumo di una foto su Instagram o Facebook, d'una città resistente contro la malavita e "liberata". Tre morti, oggi, dimostrano che non è così. Almeno si abbia la decenza di andare a Roma e per il bene della città chiedere uomini per una cronica emergenza di sicurezza mai cessata e che, sindaco con la bandana o meno, se n'è assolutamente fregata del Palazzo e continua indisturbata a fare affari e mietere vittime quando e come vuole.

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Giornalista professionista, capo cronaca Napoli a Fanpage.it. Insegna Etica e deontologia del giornalismo alla LUMSA. Ha una newsletter dal titolo "Saluti da Napoli". È co-autore dei libri "Il Casalese" (Edizioni Cento Autori, 2011); "Novantadue" (Castelvecchi, 2012); "Le mani nella città" e "L'Invisibile" (Round Robin, 2013-2014). Ha vinto il Premio giornalistico Giancarlo Siani nel 2007 e i premi Paolo Giuntella e Marcello Torre nel 2012.
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