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Camorra, scarcerato il genero del boss Patrizio Bosti dell’Alleanza di Secondigliano

Il Tribunale del Riesame ha annullato l’ordinanza di custodia cautelare emessa nei confronti di Luca Esposito, marito della figlia del boss Patrizio Bosti, arrestato nel blitz della Dda di Napoli, con l’esecuzione di 126 misure cautelari, il 26 giugno scorso. L’uomo è accusato di associazione per delinquere di stampo mafioso.
A cura di Nico Falco
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È tornato in libertà Luca Esposito, genero del boss dell'Alleanza di Secondigliano Patrizio Bosti, marito della figlia Maria. L'uomo era stato arrestato il 26 giugno scorso, nell'ambito dell'esecuzione delle 126 misure cautelari contro il cartello di clan egemone nell'area nord di Napoli e con ramificazioni e collegamenti in tutta la città. Il Tribunale del Riesame di Napoli ha annullato l'ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip di Napoli nei confronti di Esposito, difeso dagli avvocati Nicola Pomponio e Annamaria Ziccardi; l'accusa contestata dalla Procura di Napoli è di associazione per delinquere di stampo camorristico.

Nei giorni scorsi il Riesame (XII sezione) aveva annullato anche l'ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di Giuseppe Ciullo (difeso dall'avvocato Luciano Bisanti), anche lui accusato dello stesso reato. Ed era tornata libera anche Maria Licciardi, sorella del defunto boss Gennaro Licciardi detto ‘a scigna. "La piccerella", difesa dall'avvocato Dario Vannetiello, era l'unico elemento di vertice dell'Alleanza di Secondigliano sfuggito all'arresto. Si era resa irrintracciabile la notte delle manette ed era stato emesso nei suoi confronti anche il decreto di latitanza; l'ordinanza era stata annullata dalla dodicesima sezione del Riesame del Tribunale di Napoli.

L'operazione del 26 giugno era stata condotta dai carabinieri del Ros e del Comando Provinciale di Napoli, sotto la direzione della Direzione Distrettuale Antimafia; erano scattati i sequestri per beni riconducibili agli affiliati dei tre clan colpiti, i Licciardi, i Mallardo e i Contini, per un valore complessivo di circa 130 milioni di euro. Scoperte, durante le indagini, anche le infiltrazioni del clan Contini nell'ospedale San Giovanni Bosco di Napoli, che negli anni scorsi (le indagini si fermano al 2016) era diventato una sorta, come l'aveva definito il procuratore Giovanni Melillo, di "base sociale del clan".

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