Ieri ho ripubblicato quel pensiero di Erri De Luca che dice sostanzialmente "Napoli non dovete misurarla nelle classifiche sulla vivibilità, è fuori concorso". Qualcuno mi ha fatto notare nei commenti su Facebook che sì, Erri lo scrittore parla ma si guarda bene dal vivere a Napoli città. Non fa una grinza. La questione è che bisogna rassegnarsi, all'annuale supplizio del Sole 24 Ore. Per un semplice motivo: quell'elenco fotografa l'esistente.
Sono andato a recuperare i criteri utilizzati dal giornale economico finanziario per stilare l'annuale classifica; abbiamo fra gli altri: consumi per famiglia, valore aggiunto pro-capite; tasso d'occupazione; asili nido; giovani titolari di aziende tra i 18 e i 29 anni; ospedali, intesi come percentuale di dimissioni di pazienti; connessione banda larga per popolazione; percentuale di scippi, furti, rapine; presenze di librerie e cinema. Chiunque non sia in malafede ammetterà che questi parametri sono assolutamente una condanna per Napoli e per la sua area metropolitana. Rassegnatevi, rassegnamoci: davanti ai numeri su case, imprese, criminalità, consumi, tenore di vita, ma che possiamo dire? Ce ne lamentiamo quotidianamente e ogni volta che arriva il giornale e ci ricorda tutti insieme che quella somma fa un totale e quel totale non è affatto un primato positivo, ci incazziamo? Non è un controsenso?
Non possiamo ogni volta prenderla come Luca Cupiello col figlio Tommasino alla domanda «te piace ‘o presepe?». Questo presepe, pastori inclusi o esclusi a piacer vostro, semplicemente non funziona. Facciamo forse prima a renderlo migliore, anziché sbatterci per negare l'evidenza.