Corruzione Tribunale di Napoli: 20mila euro per non far abbattere due edifici abusivi
Le indagini che hanno portato all'operazione San Gennaro sono partite nel novembre 2018, quando un fabbro aveva denunciato un tentativo di concussione. Diceva di aver ricevuto, il 7 maggio 2018, la visita di due funzionari dell'Antiabusivismo (Uote) della Polizia Municipale per le misurazioni di due manufatti da demolire: dopo anni di stasi stava per arrivare l'abbattimento. Qualche giorno dopo, aveva continuato l'uomo, era stato contattato dal suo avvocato, Elio Bonaiuto, che gli aveva proposto una scappatoia: c'era un tale Antonio Di Dio, ben ammanigliato, che avrebbe potuto fare da tramite col magistrato incaricato e far bloccare tutto.
L'incontro c'era stato, ed era stato proposto l'accordo: 20mila euro da dare all'intermediario, che li avrebbe girati al magistrato, e tutto si sarebbe sistemato. Il fabbro, però, aveva rifiutato e il 23 ottobre era arrivato il provvedimento di sgombero. Gli atti in seguito alla denuncia erano stati trasmessi a Roma, in quanto coinvolgono un magistrato del distretto di Napoli, e mentre le indagini erano in corso, il 16 novembre, era arrivata un'altra denuncia, anche questa girata a Roma: il difensore del fabbro affermava che l'avvocato Bonaiuto lo aveva contattato per dirgli che gli abbattimenti non erano stati fermati perché l'uomo non aveva voluto pagare uno dei due funzionari.
L'avvocato Bonaiuto era stato convocato dal Pubblico Ministero e aveva negato ogni coinvolgimento, dicendo di conoscere Antonio Di Dio come "faccendiere intorno al tribunale" e di essersi rivolto a lui per cercare un nuovo appartamento dove trasferire il suo studio legale. Poco dopo, però, l'avvocato aveva telefonato a un conoscente comune, proprietario della ditta dove lavora il figlio del fabbro, e non sapendo di essere intercettato aveva confermato tutto, tangente compresa, che sarebbe stata esplicitamente richiesta dal funzionario.
L'accelerazione della pratica come vendetta
Ma perché le pratiche di abbattimento, ferme per anni, hanno subìto una brusca accelerazione? su questo aspetto, dalle intercettazioni degli indagati, emergono due versioni. Secondo il fabbro e il suo avvocato, è stato Antonio Di Dio a pilotare le pratiche per conto del magistrato della Procura Generale che non ha ricevuto la tangente. Secondo Bonaiuto, invece, c'entra un altro avvocato napoletano, editore di fatto di una televisione locale e attualmente agli arresti domiciliari per altre vicende: avrebbe corrotto il magistrato della Procura Generale per vendicarsi del suocero del fabbro, la cui moglie era stata sua socia in una società poi sequestrata e a cui avrebbe dovuto restituire 25mila euro consegnati a lui e ad Antonio Di Dio.
E anche in quella storia c'entrava la corruzione: quella somma, aveva poi spiegato l'editore al suocero del fabbro, era stata consegnata allo stesso magistrato della Procura Generale per liberare i titoli della società sotto sequestro. Quando la donna aveva chiesto la restituzione, l'editore avrebbe risposto che l'avrebbe "mandata in galera" o le avrebbe fatto "buttare giù la casa dei figli" tramite il magistrato.
L'avvocato e l'accento svedese alla Fantozzi
I rapporti tra Bonaiuto e Di Dio vengono evidenziati nel corso delle indagini. Subito dopo essere stato ascoltato, il legale aveva telefonato al consigliere municipale per concordare la versione da riferire ai magistrati: nessun accordo illecito, tra loro solo un incontro per affittare un appartamento. Chiamava dal telefono di un amico per sfuggire alle intercettazioni, ma non sapeva che l'interlocutore era già sotto controllo. E fingeva di essere un amico che voleva incontrarlo.
Ma, quando Di Dio sembra proprio non capire, è stato costretto a svelarsi: "sono l'avvocato Bonaiuto". Gli aveva detto che erano stati entrambi denunciati e che, nel caso venisse chiamato, avrebbe dovuto confermare la versione dell'appartamento. I due si erano accordati per vedersi il giorno successivo. "Bonaiuto, evidentemente appassionato di grossolani travestimenti per eludere le investigazioni – scrive il gip nell'ordinanza – fingendo stavolta di essere "Lello il carrozziere" dava appuntamento al Di Dio per parlare di "quella macchina"".
Il fabbro cambia idea: ora vuole pagare per corrompere il giudice
Dopo aver inizialmente rifiutato, il fabbro nel novembre 2018 aveva richiamato Bonaiuto e si era detto "a disposizione" nel caso Antonio Di Dio fosse riuscito a fermare l'abbattimento. Ma era ormai troppo tardi: il consigliere gli aveva risposto che ha perso tempo e che non si poteva più fare nulla. A questo punto il fabbro e il suo avvocato avevano denunciato Di Dio.
Il fabbro però non si era fermato e, non immaginando di essere anche lui intercettato, aveva cercato un altro aggancio. Lo aveva trovato in un imprenditore edile suo amico, che avrebbe già avuto dei favori dal giudice Alberto Capuano, come autorizzazioni per proseguire in alcuni lavori e che avrebbe ripagato con ristrutturazioni nel centro estetico della moglie del magistrato.
Le quattro parti dell'inchiesta che ha portato all'operazione San Gennaro:
– 70mila euro per assolvere il pregiudicato del clan Mallardo
– raccomandazioni per concorsi in magistratura e carabinieri
– 20mila euro per non far abbattere due edifici abusivi
– Alberto Capuano, il gip che “può far ottenere tutto”