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Corruzione Tribunale di Napoli: 70mila euro per assolvere il pregiudicato del clan Mallardo

Nell’ordinanza dell’operazione San Gennaro, eseguita dalla Squadra Mobile di Roma, si legge dell’accordo tra Cassini, Di Dio e il gip Capuano per ottenere l’assoluzione di Giuseppe Liccardo. I quattro sono stati arrestati. Secondo i patti, l’imputato avrebbe dovuto versare 70mila euro, 20mila dei quali destinati al giudice agganciato da Capuano.
A cura di Nico Falco
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Un "faccendiere" con contatti all'interno del Tribunale, un giudice ben disponibile a lasciarsi corrompere con benefit e favori, almeno un paio di processi da "aggiustare", schede telefoniche ballerine e avvocati che si fingono altre persone per paura delle intercettazioni, con risultati che ricordano "l'accento svedese" di Fantozzi. Sono gli ingredienti del sistema corruzione interno al Tribunale di Napoli scoperchiato dalla Procura di Roma, che con l'operazione San Gennaro ha portato alle misure cautelari per cinque indagati. Le indagini sono partite dalla denuncia di un uomo, che si è rivolto alle forze dell'ordine dicendo di avere avuto un'offerta per bloccare l'abbattimento di due edifici abusivi: 20mila euro e il provvedimento si sarebbe arenato.

In carcere sono finiti il gip di Ischia Alberto Capuano, 60 anni, il consigliere comunale della X Municipalità Antonio Di Dio, 65 anni, l'imprenditore Valentino Cassini, 51 anni, e Giuseppe Liccardo, 29 anni, pregiudicato ritenuto vicino al clan Mallardo di Giugliano; il quinto indagato, l'avvocato Elio Bonaiuto, 71 anni, è stato invece sottoposto ai domiciliari.

Il sistema corruzione nel Tribunale di Napoli

Nel Tribunale di Napoli esiste un manipolo di persone che, tramite conoscenze e in cambio di favori, che possono essere soldi o benefit economici, è in grado di condizionare l'esito dei processi penali. Lo scrive chiaro nell'ordinanza il gip di Roma Costantino De Robbio, che nero su bianco parla di "un gruppo di soggetti, tra i quali (almeno) un Giudice", che possono "influenzare in vario modo la sorte di importanti processi penali pendenti in fase dibattimentale o in Corte di Appello, sospendere procedure esecutive penali e ritardare verifiche dei crediti fallimentari, provocare la scarcerazione di detenuti e il dissequestro dei beni di importanti esponenti della criminalità organizzata fino ad estendere la propria influenza sul concorso in magistratura, il cui esito è stato distorto a favore della figlia di uno degli appartenenti al gruppo degli indagati, e di quello per allievi ufficiali dei Carabinieri".

L'accordo per far assolvere Giuseppe Liccardo, vicino al clan Mallardo

Nelle intercettazioni emerge l'accordo tra Valentino Cassini, Antonio Di Dio e Alberto Capuano per far assolvere Giuseppe Liccardo, sotto processo con il fratello e la madre per trasferimento illecito di valori, con legami col clan Mallardo di Giugliano, una delle cosche più potenti di Napoli e ai vertici dell'Alleanza di Secondigliano. Ad aprile Capuano e Di Dio si incontrano più volte e sono concordi sulla necessità di fare presto, perché il giudice del processo a Liccardo sta per andare in pensione. A sentenza favorevole emessa, i soldi li avrebbe presi Di Dio, che poi ne avrebbe girato una parte a Cassini ("10 panzarotti per uno"); a Capuano sarebbe andato "un regalo" per l'interessamento.

Arriva però il colpo di scena: il 23 aprile 2019 Di Dio contatta Cassini per farsi mettere in contatto con Capuano perché il processo a Liccardo è stato rinviato per mutamento del collegio all'udienza successiva del 25 giugno. Non si poteva più aspettare, la questione andava chiusa il 23 aprile. Di Dio ha però già preso l'impegno e teme che, non essendoci più nel collegio il contatto di Capuano, non si possa fare più nulla.

Ma è lo stesso Capuano a rassicurarlo: uno dei nuovi arrivati ha già avuto disposizioni dal predecessore, andrà tutto bene. Di Dio incontra quindi il pregiudicato e lo rassicura: saranno tutti assolti e i beni sequestrati verranno restituiti, perché "è automatico, è chiaro che quando vieni assolto ti ridanno pure i beni, è abbinato, hai capito?".

Ventimila euro prima, altri cinquantamila euro dopo la sentenza

Nei giorni successivi gli indagati parlano della somma da chiedere a Liccardo. Ma il pagamento, convengono, si può chiedere soltanto quando si ha la sicurezza che tutto andrà bene. Capuano spiega a Di Dio che gli imputati giovani avranno l'assoluzione, mentre i genitori, la cui posizione era più grave, dovranno accontentarsi della prescrizione. Per i beni, però, non c'è nulla da fare: un altro procedimento già passato in giudicato ne aveva determinato la confisca.

Si tratta, rileva il gip di Roma, di "informazioni altamente tecniche", che possono essere in possesso soltanto dei giudici titolari del procedimento; ne deriva, di conseguenza, che "Capuano ha davvero avvicinato i componenti del collegio e che questi, dietro suo input, hanno vagliato ogni possibilità per escludere o limitare conseguenze pregiudizievoli per i Liccardo dal processo in corso".

Il successivo 7 maggio Di Dio e Liccardo si incontrano e c'è la richiesta: 20mila euro subito, che sarebbero serviti per pagare il giudice del collegio, altri 50mila dopo la sentenza. E la proposta viene accettata, con l'accordo di consegnare a breve il denaro. Il 9 maggio, però, da Liccardo arrivano soltanto 3mila euro, che Di Dio e Cassini si dividono due giorni dopo, in automobile, registrati da una intercettazione ambientale.

Le quattro parti dell'inchiesta che ha portato all'operazione San Gennaro:

70mila euro per assolvere il pregiudicato del clan Mallardo

raccomandazioni per concorsi in magistratura e carabinieri

20mila euro per non far abbattere due edifici abusivi

Alberto Capuano, il gip che “può far ottenere tutto”

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