Sono bastate poche ore dalla riapertura delle attività lavorative ferme per due mesi causa Coronavirus per rendere lampante ciò che molti colpevolmente fanno finta di non vedere: il vero virus della Terra siamo noi. A Ottaviano, in provincia di Napoli, per tutto il pomeriggio si è alzata una una colonna di fumo nero e tossico, frutto dell'esplosione in una fabbrica di materiale plastico, incidente che ha causato un morto e gravi feriti tra gli operai. E ora si misura il livello di inquinanti diffusi nell'aria, a pochi passi dal Vesuvio,in una zona già compromessa da discariche e incendi dolosi in estate.
Nella zona di Castellammare di Stabia, il fiume Sarno, noto per aver detenuto molti anni il primato niente affatto invidiabile di "più inquinato d'Europa", il corso d'acqua si era incredibilmente rigenerato (seppur in parte) durante il lockdown, tornando pulito o quanto meno non vergognosamente inquinato come siamo stati abituati a vedere negli anni. Ora invece, a nemmeno 48 ore dall'allentamento delle misure di contenimento e distanziamento sociale, con la riapertura di molte aziende, gli scarichi abusivi tornano ad avvelenarlo nell'indifferenza generale.
I nemici siamo noi, dunque? Nella ex Campania Felix, da troppo tempo associata con la triste locuzione "terra dei fuochi" abbiamo avuto chiara dimostrazione che senza la mano infame di chi inquina il cielo torna pulito e le acque si rigenerano. Non è tutto così facile e banale, ovviamente: la modernità e il sistema industriale non consentono di tenere tutto spento a vita, né ci si augura una scelta di stampo luddista. Ma il tema ambientale è così ormai privo di referenti e politiche che magari un esempio come questo del prima-durante-dopo lockdown, aiuta a capire quanto poco basterebbe per iniziare un risanamento del territorio. Ad esempio, bloccare per sempre chi lo ammorba.