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Opinioni

Il concerto di LIBERATO a Napoli raccontato da chi c’era

Il primo concerto di LIBERATO a Napoli, diciamocelo sinceramente, ha un po’ deluso. Tanta gente, scarsa soddisfazione per la sua esibizione sul palco, nient’affatto in linea con le attese. Sicuramente ha diritto ad altre possibilità, sicuramente ha richiamato tanta gente come non se ne vedeva da tempo. Ma ci sono delle domande che andrebbero poste (ma a chi?) sulla sua identità musicale e su quel che l’artista (o meglio, il collettivo che sta dietro al nome LIBERATO e alla rosa in bianco e nero) si propone di raccontare. Una volta esauriti tutti gli elementi evocativi della città partenopea, raccontati in bei video e affogati nelle storie d’amore giovanili annebbiate nell’hashish, cosa altro è? Perché non basta evocare Pino Daniele dal palco per volergli rendere omaggio: c’è bisogno anche di un buon progetto musicale.
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L'arrivo di LIBERATO (con tanto di sosia) sul Lungomare Caracciolo
L'arrivo di LIBERATO (con tanto di sosia) sul Lungomare Caracciolo

«A te te piace ‘a musica o ‘o fummo? E chest'è a musica!». Il sassofonista James Senese nel film "No grazie il caffè mi rende nervoso" risponde così al Lello Arena-giornalista che osa chiedergli il perché di un palco scarno, senza effetti speciali. Il dialogo mi è tornato in mente ieri sera, dopo aver visto Liberato, il nome del cantante sotto il quale si celano uno, nessuno e centomila della scena neomelodica-indie italiana,  nel suo primo concerto, gratuito, alla Rotonda Diaz di Napoli. Grazie alla potenza della filter bubble dei social network, del 9 maggio musicale partenopeo hanno parlato praticamente tutti, all'appello mancano solo i pescatori di Mergellina alcuni funghi e qualche lichene. Ma il concerto di Liberato raccontato da chi c'era magari può restituire qualche elemento in più sul quale ragionare.

Il concerto alla Rotonda Diaz: molto fumo, 3 silhouette identiche: chi è LIBERATO?
Il concerto alla Rotonda Diaz: molto fumo, 3 silhouette identiche: chi è LIBERATO?

Anzitutto decantiamo e separiamo due elementi. La festante ammuina  – circa 20mila partecipanti – e l'evento artistico in quanto tale, cioè la trasposizione live di un progetto. La folla è l'epilogo d'un anno di sapienti uscite sui social network, di canzoni oggettivamente belle, con bei video (domanda: sono le canzoni di Liberato ad accompagnare i video o sono i mini-film del regista Francesco Lettieri che hanno come colonna sonora l'autore di ‘Te si scurdato ‘e me?"). Liberato all'inizio era TumblrBandcamp, il servizio di musica online più amato dagli indie. Poi Youtube, Facebook e quindi il botto.

Il meccanismo evocativo, sviluppato attraverso elementi visivi e narrativi (l'amore giovanile vissuto in città) capace di richiamare anche i tanti napoletani emigrati fuori regione e all'estero, unito al sound, bello e à la page funziona alla grande. Un ‘cannone‘ sempre in mano, lo sfondo del Vesuvio o la città vista da San Martino et voilà: il richiamo ai più giovani è compiuto. Ma non è per vivisezionare volgarmente degli artisti che siamo qui. Era un primo passaggio per spiegarne la popolarità raggiunta finora.

Parliamo dell'evento-concerto. Finora il Nostro si era cimentato in qualche comparsata in giro per i festival musicali, mai in un concerto nella sua città. Dalla sera del 9 maggio Liberato è diventato qualcos'altro. Un artista (un collettivo, ma che siano Calcutta, Livio Cori o chissà chi poco importa) capace di mobilitare molte persone in piazza.  Al tempo stesso entra a pieno titolo nella categoria tipicamente napoletana del Nemo propheta in patria, nessuno è profeta in patria. L'evento alla Rotonda Diaz, entusiasmante per partecipazione  – del resto non c'era biglietto d'ingresso – è risultato deludente per la qualità del prodotto arrivato sul palco. Cos'ha un musicista di diverso dagli altri, qual è il suo motore propulsivo, se non la voglia di esibire la propria arte nel migliore dei modi?  Le poche canzoni smozzicate tra nuvole di fumo artificiale degne di una discesa dantesca negli Inferi, un'attenzione maniacale nel celare i volti ma non nel restituire un audio decente, forse eccessivamente artefatto causa vari software (il famigerato Autotune). Risultato: abbiamo portato Spotify gratuito su un palco, ascoltato pure con le cuffiette rotte.

Cellulari in alto: la folla alla Rotonda Diaz durante l'esibizione del cantante
Cellulari in alto: la folla alla Rotonda Diaz durante l'esibizione del cantante

«Pensi che la musica del tuo sassofono sia cosi perfetta da farti perdonare tutto?» chiede timoroso il Lello Arena-giornalista all'incazzoso James Senese nel film di cui sopra. Domanderemmo a Liberato, che sarà pure un progetto indie, ma ha uno staff degno di Celine Dion, quanto credi durerà tutto ciò? Non è per l'anonimato, ma è per la qualità della proposta oltre il video, oltre la recensione sferzante del giornalista stupito di tanta folla ‘grazie a Facebook", oltre le decine di foto su Instagram geolocalizzate Napoli ma postate da Milano; oltre la finta trasgressione dello spinello o del «quanto cazzo siete belli» sussurrato sul palco. Quanto durerà tutto ciò?

L'idea – spassosissima come al solito – del gruppo di filmaker The Jackal, che hanno pubblicato sulla loro pagina Facebook un video in cui l'attore Ciro Priello imita Liberato ma cantando le canzoni di Gigione, il re della canzone trash spiega, scherzando, il tema della riproducibilità a basso costo del genere musicale; in tal senso c'è un bravissimo musicista-youtuber, Mark the Hammer, che spiega come creare canzoni indie senza avere alcun talento. Liberato ha talento? Carica la proposta musicale di bei testi, evocativi e ricchi di simbolismo (anche qui si dice che ci sia la mano di un giovane poeta di Scampia, Emanuele Cerullo, ma davvero la caccia al nome non ha senso). Tuttavia una volta esaurito lo starter pack dell'immaginario partenopeo da Procida a Resina, dal Lungomare alla Gaiola, cosa resta? La prossima canzone quale sarà? Ischia, la Zona Flegrea? Ci occuperemo del tramonto sull'Asse Mediano o di un amore sbocciato tra Mugnano e via Tasso?

Massimo Troisi intitolò il suo primo film ‘Ricomincio da tre' ironizzando sul fatto che non bisogna sempre ricominciare da zero se qualcosa è riuscito («Ricomincio da… cioè… tre cose me so' riuscite dint'a vita, pecché aggia perdere pure chest? Aggia ricomincia' da zero? Da tre!»). Da dove ricomincia Liberato, oggi 

Infine: il tema della sostenibilità economica. La scrittrice Elena Ferrante – cui viene spesso associato il cantante per via dell'anonimato, vive del proprio lavoro e non ha bisogno di altri sponsor se non di vendite, traduzioni all'estero, diritti televisivi e/o cinematografici. Liberato finora ha offerto tutto gratis et amore dei, contando un po' sulle vendite del merchandising (incredibile: a Napoli il mercato dei pezzotti si è fatto trovare impreparato e il 9 maggio al Lungomare e non c'erano bancarelle con magliette e bomber fasulli) un po' sui soldini di alcuni brand come Converse. Basterà tutto ciò a mantenere in piedi la baracca?  Forse servono i live, forse servono eventi a pagamento capaci però  di non lasciare amaro in bocca ai paganti. È bruttino chiederselo, ma il popolo dell'Adblock che si fa venire le convulsioni per 14 secondi di spot su Youtube o pianifica rivolte per la sola ipotesi di pagare 99 centesimi a Whatsapp sborserà qualcosa per un intero album del nostro cantastorie del newpolitan (eh?) sound?

Uno dei protagonisti dei video girati da Francesco Lettieri
Uno dei protagonisti dei video girati da Francesco Lettieri

Concludendo, torniamo all'inizio di questo modesto ragionamento. Per non essere etichettati come il Funiculì Funiculà del film di partenza, che minacciava: «Napule nun ha da cagnà!», Napoli non deve cambiare; per non finire nel mirino della signora Cazzaniga del Così parlò Bellavista di Luciano De Crescenzo che ammoniva: «Non capite i giovani, siete la Napoli che fu!», auguriamo al cantante/collettivo e al regista che con quelle musiche ha creato storie degne di un lungometraggio, miglior fortuna. E al tempo stesso speriamo in maggior consapevolezza del rispetto che si deve a chi ti ascolta.

Liberà, non basta canticchiare Pino Daniele per rendergli omaggio, bisogna quanto meno tenere ad esempio il suo grande amore per la musica e per l'impegno che essa comporta.

A meno che per te non si tratti di una pazziella.

I fan, napoletani e non, al concerto partenopeo
I fan, napoletani e non, al concerto partenopeo
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Giornalista professionista, capo cronaca Napoli a Fanpage.it. Insegna Etica e deontologia del giornalismo alla LUMSA. Ha una newsletter dal titolo "Saluti da Napoli". È co-autore dei libri "Il Casalese" (Edizioni Cento Autori, 2011); "Novantadue" (Castelvecchi, 2012); "Le mani nella città" e "L'Invisibile" (Round Robin, 2013-2014). Ha vinto il Premio giornalistico Giancarlo Siani nel 2007 e i premi Paolo Giuntella e Marcello Torre nel 2012.
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