di Davide Basile
Parto da due premesse e da una confessione.
La prima e più importante premessa è che non vorrei assolutamente essere nei panni di chi si trova a gestire a livello politico e istituzionale l’emergenza che stiamo affrontando in Italia dovuta alla diffusione del coronavirus. Sono convinto che tutti stiano facendo il massimo per provare a contenere i danni e mi affido alle decisioni che prendono i nostri Governanti nella speranza che si possa uscire velocemente da questa crisi.
La seconda premessa è che non sono un medico, non sono un virologo. Sono l’ultimo dei fessi, ma ho un problema: mi piace guardare i numeri e basare le mie considerazioni su di essi piuttosto che sulle sensazioni/opinioni. Diceva W. Edwards Deming che “senza dati sei solo un’altra persona con un’opinione”, ed io, da sempre, concordo con lui.
La confessione è che anche a me fa sorridere Vincenzo De Luca quando minaccia i lanciafiamme per le feste di laurea o quando parla dei neuroni. Anche a me piace il suo “interventismo” e il suo essere deciso nelle comunicazioni che fa alla popolazione nell'intento primario di NON far andare la gente in giro per strada.
Penso però che gestire un’emergenza come quella che stiamo vivendo lo si fa innanzitutto attraverso il monitoraggio dell’epidemia e dei contagiati e la Regione Campania, almeno da quello che emerge dai numeri, non lo sta facendo.
Popolazione residente in Campania: 5.801.692.
Popolazione da 0 a 19 (rischio minimo se non 0): 1.172.382
Popolazione da 60 a 100+ (alto rischio): 1.448.242
Tamponi effettuati fino alle 22 di del 23 Marzo: 7055 (dai dati dichiarati dal Governatore) 5813 (dai dati ufficiali della Protezione Civile).
Pur volendo considerare i dati autodichiarati dai canali ufficiali di De Luca parliamo dello:
- 0,1% della popolazione totale della Regione Campania.
- 0,2% della popolazione esclusi i potenzialmente meno a rischio (0-19 anni).
- 0,5% della popolazione con età compresa tra 60 e 100+ anni.
Sempre guardando ai dati ufficiali diffusi dalla Protezione Civile il 23/03/2020 alle ore 17 (https://github.com/pcm-dpc/COVID-19/tree/master/dati-regioni), la Campania è la regione italiana che sta facendo meno tamponi in proporzione alla popolazione.
"Abbiamo un messaggio semplice per tutti i Paesi: testate, testate, testate": è l'appello lanciato il 16 marzo dall'Organizzazione Mondiale della Sanità. Secondo la massima autorità mondiale in termini di sanità (non secondo chi scrive che ha premesso di essere l’ultimo dei fessi) per bloccare la diffusione del nuovo coronavirus è necessario intensificare gli sforzi per individuare le positività, isolare i malati e controllare (con i tamponi) chiunque sia stato in contatto ravvicinato con essi fino a due giorni prima che cominciassero a sviluppare sintomi.
In Campania, a quanto denunciano anche alcuni medici, non si riesce a star dietro alle indicazioni dell’OMS sul tracciamento dell’epidemia (che prevede di testare tutti i contatti stretti dei casi positivi, anche se asintomatici), e sono stati fatti meno tamponi che in Puglia e Sicilia (Regioni che, almeno sulla carta, non dovrebbero avere possibilità maggiori della Campania).
In Italia c’è un caso eclatante che pare confermare che la strategia del tamponamento diffuso (attenzione, non a tappeto perché sarebbe inutile) porti risultati: il Veneto.
In Veneto sono partiti più o meno in contemporanea con la Lombardia ma sono riusciti a spegnere il focolaio di Vo applicando la “classica” strategia di sorveglianza attiva, come ha dichiarato il Prof. Andrea Crisanti (direttore dipartimento di medicina molecolare Professore di epidemiologia e virologia dell’Azienda Ospedaliera dell’ Università di Padova): “La nostra strategia è quella che si usa in tutte le epidemie che è quella classica di una sorveglianza attiva. parte tutto dallo studio di Vo perché abbiamo dimostrato che al momento del primo contagio abbiamo trovato che il 3% della popolazione era positiva. Che è una enormità. Una fetta ampia di queste persone era asintomatica. Non solo. Nel secondo screening abbiamo dimostrato che persone che vivevano con persone positive asintomatiche si sono a loro volta infettati. Quindi gli asintomatici trasmettono il virus, non ci sono dubbi. È chiaro che una delle sfide che abbiamo in questo momento è trovare gli asintomatici oltre che preoccuparci e curare i sintomatici. Quindi noi vogliamo rafforzare la sorveglianza sul territorio. E fare quello che finora non si è fatto. Sorveglianza attiva sul territorio il che significa che se una persona chiama e dice io sto male, invece di lasciarla sola a casa senza assistenza senza niente, noi con la unità mobile della croce rossa andremo lì, faremo il prelievo alla persona, faremo il tampone ai familiari, faremo il tampone agli amici e al vicinato, perché è là intorno che c’è il portatore sano, è là intorno che ci sono altri infetti. Punto.”
In conclusione, in Campania più che l’Esercito (invocato e pare ottenuto dal Governatore) servirebbero più risorse per il tracciamento attivo dell’epidemia.
Più risorse vuol dire più tamponi, più persone e più laboratori per l’analisi dei campioni rilevati. Il tampone di per sé non ha un gran costo (pare circa 30€), quello che è complicato invece è che richiede prelevatori (equipe mediche) su tutto il territorio regionale, e migliaia e migliaia di PCR (che è l'analisi molecolare che serve a riscontrare anche tracce piccolissime di RNA virale nei campioni prelevati dai tamponi).
Ad oggi, la Campania quanti tamponi ha disponibili? Per averne altri, li si può produrre nel mercato domestico? Se sì, entro quanto tempo arriverebbero?
Abbiamo i mezzi per applicare una strategia più ampia di tracciamento attivo? Se no, perché? Se sì, perché non lo stiamo facendo?
Insomma, restano tante domande per quello che è un problema molto più complesso di quello che sembra.
E dal nostro Governatore col pungo di ferro, tra un lanciafiamme e un neurone, ci piacerebbe ricevere qualche risposta in più anche su questi punti.