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Opinioni

La Regione Campania vuole ospitare l’impianto sulla fusione nucleare. Ma nessuno lo sa

La Regione Campania di Vincenzo De Luca offre all’Enea la propria disponibilità (non è l’unica) a ospitare il Dtt, Divertor Tokamak Test, un complesso progetto che fa parte della road map europea per arrivare ad un impianto di realizzazione dell’energia da fusione nucleare. Un investimento da 500 milioni di euro per realizzare una struttura molto ampia e complessa. In Consiglio l’opposizione del Movimento Cinque Stelle chiede perché il progetto non è mai stato discusso prima: “C’è il problema delle scorie che non è mai stato dibattuto in Aula”.
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Il progetto del Dtt, Divertor Tokamak Test / foto Enea
Il progetto del Dtt, Divertor Tokamak Test / foto Enea

La Regione Campania nelle intenzioni di Vincenzo De Luca sarebbe dovuta essere una «casa di vetro». Lo dicono tutti i politici, non ci riescono mai. Arriva però il momento in cui, in una delibera ci trovano scritte le parole «progetto», «fusione» e «nucleare» nella stessa pagina. E cosa succede, se quella delibera fornisce la disponibilità del territorio campano ad ospitare un cilindro di 10 metri d'altezza e 5 di raggio nel quale infilare «33 metri cubi di plasma alla temperatura di 100 milioni di gradi, con un'intensità di corrente di 6 milioni di Ampere e un carico termico sui materiali fino a 50 milioni di watt per metro quadro?». Succede che, se non lo sa nessuno, esplode un caso politico.

Consiglio regionale della Campania, mattina dell'8 febbraio 2018. Sul tavolo del presidente dell'Aula, Rosetta D'Amelio, arriva un ordine del giorno firmato dal  Movimento Cinque Stelle. Oggetto: «Sperimentazione sulla fusione nucleare». L'opposizione vuole che se ne parli subito in Consiglio, D'Amelio dice che il tutto non è urgente. Beghe procedurali e la richiesta di informazioni viene archiviata. I grillini dunque decidono di far esplodere la storia a mezzo stampa. E in effetti, fuffa non è.

Cos'è il Dtt, Divertor Tokamak Test?

La sintesi è che l'Enea, l'Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo economico sostenibile, con un avviso del 24 novembre 2017, ha avviato una selezione per scegliere un sito nel quale insediare parte di una sua grossa iniziativa di ricerca che si chiama Dtt, Divertor Tokamak Test. La Regione Campania si è candidata due giorni prima della chiusura dell'avviso (31 gennaio 2018), ovvero il 29, senza una discussione preliminare in Aula. Al termine della scadenza Enea ha comunicato che, per questa fase del progetto si sono candidate 9 regioni. Oltre alla Campania ci sono Abruzzo, Emilia-Romagna con un sito in tandem con la Toscana, Lazio, Liguria (con due siti), Piemonte, Puglia e Veneto.

L'interesse di mezz'Italia risiede nel grosso finanziamento in ballo. L'investimento consta di: mutuo europeo di 250 milioni d'euro, erogato dalla Banca Europea degli Investimenti; finanziamenti nazionali di varia natura pari a 160 milioni; contributi da Eurofusion per 60 milioni e perfino 30 milioni di euro in componenti che arrivano dalla  Repubblica Popolare Cinese, in qualità di partner scientifico del progetto. «L‘investimento complessivo è stimato da Enea in 500 milioni di euro con un impatto occupazionale previsto di oltre 1.500 addetti  e con ricadute scientifiche e tecnologiche che richiedono il coinvolgimento di istituzioni di ricerca, università, imprese e pmi che operano nel campo della superconduttività, della meccanica di precisione, dell’elettronica di precisione» scrive la Regione nella delibera di giunta.

Ordunque, va spiegato cos'è il Divertor Tokamak Test, per brevità chiamato DTT. Le 36 pagine di proposta progettuale dell'Enea lo definiscono «Una pietra miliare lungo il percorso per la realizzazione dell'energia da fusione nucleare». L'Europa da tempo è incamminata, attraverso un programma che riguarda molti stati membri (Eu Fusion road map) nelle fasi che porteranno – si spera- alla realizzazione di un impianto dimostrativo definito Demo. Altro non è che una centrale nucleare a fusione in grado di fornire energia elettrica alla rete entro il 2050. Obiettivo: non dipendere più esclusivamente dal combustibile fossile.

Per arrivare a questo obiettivo ovviamente occorre superare non pochi ostacoli. Uno di questi riguarda il cosiddetto divertore, il principale componente dell'impianto per lo smaltimento della potenza termica del plasma in una centrale a fusione. In particolare il problema è  costituito dai carichi termici, le altissime temperature e le tecniche per contenerle.  Esperimenti di vario tipo sono in corso ma tuttavia all'interno della Fusion Road Map europea, è stato avviato un programma specifico finalizzato alla definizione ed al progetto di un tokamak, cioè una macchina il cui compito è contenere un plasma termonucleare. Così nasce il Divertor Tokamak Test. A che serve, dunque? A effettuare esperimenti in scala in determinate condizioni fisiche.

Il Divertor Tokamak Test è pericoloso?

Giorgio Zampetti,  coordinatore della presidenza del Comitato scientifico di Legambiente, in un lungo articolo su Nuova Ecologia non parla di pericolosità in senso stretto. Ma, così come il gruppo regionale del Movimento 5 Stelle in Campania, solleva una questione che riguarda l'informazione: «Ci aspettiamo – scrive – che prima ancora di arrivare all’avvio delle procedure di selezione dei siti e di erogare finanziamenti pubblici per l’avvio dell’esperimento vengano esplicitate alcune questioni, attraverso una procedura di coinvolgimento e trasparenza che fino ad oggi è mancata».

Uno dei problemi è rappresentato secondo Zampetti, dalle scorie. «La fusione nucleare di Deuterio e Trizio, che si vorrebbe utilizzare per produrre energia con il progetto Iter e di cui in Italia si vorrebbe sperimentare una parte (Dtt), produce neutroni che rendono radioattive le strutture e generano scorie radioattive: non le stesse scorie radioattive che vengono generate dalle classiche centrali nucleari “a fissione”, ma di altro tipo, meno durature, ma sempre radioattive».

Nell'avviso di Enea per illustrare il progetto al quale si chiedevano candidature regionali si spiegano le caratteristiche dell'impianto. «L’area messa a disposizione dovrà ospitare un centro di ricerca e  tutti quei servizi e quelle infrastrutture a sostegno». Si parla di una superficie minima compresa tra circa 4 e 6 ettari, di cui circa 20mila destinati a edifici,  10.500 a installazioni all’aperto, 4mila a parcheggi per auto. L'esempio che si fa nel progetto è quello del Jet, acronimo di  Joint European Torus, il più grande reattore a fusione nucleare finora costruito e ubicato in un vecchio aeroporto della Royal Navy vicino a Culham, nell'Oxfordshire, in Inghilterra.

La pianta dell'impianto inglese JET
La pianta dell'impianto inglese JET

L'opposizione all'impianto per la fusione nucleare in Campania

Vincenzo Viglione è un ingegnere civile ed è consigliere regionale in Campania per il Movimento Cinque Stelle. Spiega a Fanpage.it quali sono le sue perplessità: «C'è un problema di procedura, la Regione ha deliberato il 29 gennaio su un bando che scadeva il 31 su una questione che andava ponderata con attenzione per la ricaduta di carattere ambientale che ha la scelta. Non ci sono stati incontri preliminari e informativi nelle commissioni regionali Ambiente e Attività Produttive, oggi (8 febbraio) siamo venuti a sapere per bocca del presidente De Luca che la delibera nasce su ‘spinta' delle Università campane».

«L'avviso di Enea – continua Vincenzo Viglione – parla di 20mila metri quadrati da utilizzare per la realizzazione di edifici da destinare a questi esperimenti per lo smaltimento delle scorie, impianti di criogenia perché servono campi di raffreddamento quando si parla di fusione nucleare. Come si può venire in Consiglio regionale e dire che bisogna partecipare per un progetto di ricerca? Sarà anche un progetto di ricerca – ha aggiunto – ma non si può dire che non si realizza un sito in cui di fatto viene costruito un impianto per il trattamento di materiale nucleare. Non può avere quella faccia tosta».

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Giornalista professionista, capo cronaca Napoli a Fanpage.it. Insegna Etica e deontologia del giornalismo alla LUMSA. Ha una newsletter dal titolo "Saluti da Napoli". È co-autore dei libri "Il Casalese" (Edizioni Cento Autori, 2011); "Novantadue" (Castelvecchi, 2012); "Le mani nella città" e "L'Invisibile" (Round Robin, 2013-2014). Ha vinto il Premio giornalistico Giancarlo Siani nel 2007 e i premi Paolo Giuntella e Marcello Torre nel 2012.
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