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Quando Moana Pozzi finì nell’omelia del giorno di San Gennaro: “La nostra povera figlia pornodiva”

Correva l’anno 1994: da pochi giorni era morta Moana Pozzi, icona del porno negli anni Ottanta e Novanta e a Napoli si celebrava la tradizionale giornata del Patrono San Gennaro. Dall’altare del Duomo il cardinale partenopeo Giordano stupì tutti parlando della pornostar e indicandola come possibile esempio di redenzione.
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San Gennaro non dice mai no e pure lei sarebbe stata accontentata nell'ascolto, non certo per le virtù carnali che ai Santi poco interessano, ma perché l'amore sacro e l'amor profano come il Poeta insegna, vanno a braccetto in certi casi. Dunque non s'adonta chi è napoletano, ha fede ma pure memoria dei fatti e sente metter nella stessa frase San Gennaro patrono di Napoli e Moana Pozzi, icona del porno negli anni Ottanta e Novanta. La Bionda morì il 15 settembre 1994, quattro giorni dopo Napoli celebrò Faccia Gialla con attesa, preghiere, miracolo e omelìa.

Fu quella però una giornata particolare: nello strapieno Duomo di Napoli risuonò la voce del cardinale arcivescovo metropolita Michele Giordano: «Quella povera, figlia, quella attrice di film pornografici» disse e tutti già sapevano a chi si stesse riferendo. Erano gli anni Novanta febbrili di Tangentopoli, del post-Maradona e del G7 partenopeo, del Rinascimento napoletano di Antonio Bassolino ma anche delle tivvù private abusive napoletane che a tambur battente come il segnale  di fumo d'una tribù trasmettevano di giorno le tombolate con annessi messaggi di camorra e di notte i filmetti porno, compresi quelli di Moana che aveva scelto Napoli addirittura come location di due film, "Inside Napoli", per la regia di Mario Salieri , gran cerimoniere dell'hard partenopeo.

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Perché l'arcivescovo di Napoli citò Moana, di cui oggi ricordiamo i 25 anni dalla scomparsa, è presto ricordato: «La nostra povera figlia pornodiva» fu indicata come un possibile esempio di riscatto in articulo mortis. «Si pensi alla vicenda della nostra povera figlia pornodiva che ha rassicurato la propria madre prima di morire: ‘Vedrai, Dio sa perdonare e perdonerà anche me'  Come si vede – ebbe a dire Giordano – la fede in Dio può emergere nei modi più inaspettati, dimora nei cuori degli esseri uomini come una scintilla sotto la cenere».

Chissà se davvero fu così. Se davvero Moana Pozzi fu alla fine «Segno di speranza cristiana in un mondo secolarizzato», come disse il porporato. Quando la donna morì, forse l'unico a dire due parole sinceramente rassegnate ma al tempo stesso non  scontate fu Luciano De Crescenzo: «Ha fatto la vita che voleva fare, fregandosene di tutti, come voleva lei, e forse, visto che la sua esistenza è stata così breve, ha avuto ragione».

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Giornalista professionista, capo cronaca Napoli a Fanpage.it. Insegna Etica e deontologia del giornalismo alla LUMSA. Ha una newsletter dal titolo "Saluti da Napoli". È co-autore dei libri "Il Casalese" (Edizioni Cento Autori, 2011); "Novantadue" (Castelvecchi, 2012); "Le mani nella città" e "L'Invisibile" (Round Robin, 2013-2014). Ha vinto il Premio giornalistico Giancarlo Siani nel 2007 e i premi Paolo Giuntella e Marcello Torre nel 2012.
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