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Parco verde, l’inferno degli alloggi post terremoto, tra amianto e degrado: “Salvateci”

“Volevamo sono una casa, perché la nostra era stata distrutta dal terremoto e invece ci hanno esiliato qui, in queste tombe dove la gente muore di cancro”. Parla così ai microfoni di Fanpage.it, Antonio Annavale, uno dei tanti rimasti senza casa per il devastante terremoto che nel 1980 fece tremare la Campania e che da quasi 40 anni vivono in alloggi provvisori al Parco Verde, rione della periferia di Caivano (Napoli).
A cura di Angela Marino
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"Volevamo sono una casa, perché la nostra era stata distrutta dal terremoto e invece ci hanno esiliato qui, in queste tombe dove la gente muore di cancro". È il grido di aiuto degli inquilini degli alloggi provvisori del Parco Verde di Caivano, in provincia di Napoli, il rione tristemente noto per le morti dei piccoli Antonio Giglio e Fortuna Loffredo. A parlare a Fanpage.it, per conto delle famiglie che vivono nelle palazzine post terremoto, è stato Anonio Annavale, ex terremotato, fondatore Associazione Diritti sociali e per prima cosa ci tiene a precisare che le loro case sono poste in un'area del Parco verde separata da quella dove sono avvenute le morti dei bambini, da un confine architettonico (un piccolo muretto) e un confine culturale.

"Un tempo noi eravamo tutti residenti napoletani, io abitavo a Materdei, poi venne il terremoto del 1980 e finimmo tutti per strada. Prima ci sistemarono in un container a Napoli e poi nelle case di edilizia popolare adibite ad alloggi per terremotati. Quelle che vedete ora". Le case che ci mostra Antonio sono per la maggior parte ridotte in condizioni di degrado, con i muri marci di umidità, i pavimenti dissestati, gli ascensori ciclicamente fermi. Alcuni inquilini, come Ernestina, disabile, che si muove in carrozzina, restano bloccati in casa per lunghi periodi finché, a loro spese, non viene eseguita la manutenzione. "Quando succede mi viene il panico, penso sempre che in caso di problemi domestici, incendi o altro io sono bloccata in casa e non posso uscire di qui  – ci racconta Ernestina – ma il mio problema non è solo questo – aggiunge – in questa casa piove acqua dal soffitto. Quando le piogge sono intense – racconta – spesso mi sveglio con il pavimento della stanza allagato, il letto bagnato, non posso vivere così".

"In queste case è stata riscontrata anche la presenza di amianto e con il tempo purtroppo emergono diverse patologie per cui alcuni dei nostri vicini sono morti. Il mio vicino di casa, Michele, che mi ha aiutato per anni con il comitato, ha i polmoni rovinati". Michele è seduto accanto a lui e prende la parola spiegandoci di cosa soffre: "Sono affetto da Parkinson e atrofia multisistemica che coinvolge tutti i muscoli del corpo e mi impedisce di camminare bene". Michele ha difficoltà anche a parlare, ma è molto determinato quando ci spiega quali sono le loro difficoltà: "In questi anni, nonostante non godessimo di alcun servizio, ci è stato chiesto il pagamento di un canone. Noi dobbiamo solo pagare, pagare, pagare. Poi possiamo pure morire".

Abbiamo provato a capire a chi fa capo la gestione di questi alloggi. Oggi, le case sarebbero in capo al Comune di Caivano. "Il comune – si sfoga Annavale – in questi anni si è preso i voti e i canoni e ci ha lasciato in queste tombe, perché qui dentro si muore, queste non sono case sono tombe, tanto valeva che comprassimo una nicchia al cimitero. A questo punto voglio rivolgere un appello al presidente della regione, Vincenzo De Luca. Perché non utilizza i fondi del titolo ottavo (introdotto a corredo della legge 219, che destinò un fiume di denaro alla Campania, ndr) per darci delle case dignitose? Salvi queste famiglie."

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