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Don Santino Laudicino, storia del boss di camorra che non esiste e manda messaggi

Per mesi su Wikipedia ha campeggiato la scheda di un boss italo-americano, Santino Laudicino che sarebbe stato socio del superboss Antonio Bardellino. Ma quest’uomo non è mai esistito. Sulla Rete e su alcuni giornali il suo clan familiare sopravvive da quasi otto anni. Studiando la cronologia, abbiamo scoperto una messaggistica segreta, con una nuova mappa delle alleanze mafiose e nomi inseriti negli elenchi degli affiliati anche ai Casamonica e alla famiglia mafiosa Genovese di New York. Una beffa o una comunicazione ‘in codice’? Giallo sugli autori.
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«Quando, un mese dopo, i figli e la vedova raccontarono al prete come era morto il vecchio e perché il funerale era stato senza fronzoli e senza fiori, senza annunci funebri e senza messa in latino, gli spiegarono pure il perché di quella tomba disadorna: niente nome, niente foto, solo le iniziali incise ai piedi della croce di marmo e un lumino di plastica alimentato a batteria. Il Don, gli dissero, voleva che la sua riservatissima esistenza venisse preservata pure dopo. Che il suo segreto rimanesse davvero segreto. Alla messa del trigesimo una minuscola immagine di don Santino Laudicino passò di mano in mano, per poi essere ingoiata dalla tasca dell’abito scuro di quel parente arrivato dall’Italia e già pronto per ripartire.
Raccontarono, dunque, di averlo visto invecchiare e consumarsi in appena tre mesi. Ad agosto, esattamente il giorno 18, era morto Frank, Venero Frank Mangano, quasi centenario, sottocapo della famiglia Genovese, che gli aveva fatto da zio quando era arrivato a New York, tantissimi anni prima. Era stato con lui e con il suo boss, Vito Genovese, che da bambino – quando era riparato a Nola – aveva accompagnato a caccia nelle paludi dei Mazzoni, che negli Anni Settanta aveva fatto nascere a Casal di Principe e dintorni una costola di Cosa Nostra americana. Il 16 novembre, trascinando la gamba destra malandata, era andato a ossequiare la salma di John Gambino, suo vicino di casa a Staten Island. Non gli era mai stato molto simpatico ma don Santino Laudicino era un uomo di rispetto e sapeva che comportarsi. Era stata l’occasione, comunque, per salutare Semen Judkovyč Mohylevyč, il capo della mafia ucraina, suo socio in tante scorribande finanziarie su e giù tra Europa e Stati Uniti. La sera dopo, seduto nella vecchia poltrona della sua palazzina coloniale che domina l’immensa discarica – la sua discarica – dove erano finiti tutti i detriti delle torri gemelle, aveva sogghignato vedendo scorrere in tv le immagini di zu Totò Riina, morto in carcere proprio quel giorno. La mattina dopo, il 18 novembre 2017, la cameriera lo aveva trovato seduto in poltrona, ancora con il sorriso sulle labbra e il telecomando scivolato a terra. Morto pure lui».

Qualcuno, arrivato fino a questo punto della storia, si chiederà chi sia Santino Laudicino, mafioso italo-americano, grande tra i grandi criminali degli Usa ma impalpabile come un qualunque Mark Caltagirone. Ce lo siamo chiesti pure noi quando abbiamo scoperto la sua biografia in una pagina di Wikipedia aperta il 22 luglio e cancellata il 28 novembre. Una pagina con una piccola biografia (nato a Casal di Principe il 7 maggio 1933, morto a New York il 18 novembre 2017), i riferimenti storici che abbiamo romanzato nell’incipit, una sfilza di parenti con il suo stesso cognome, un legame per via materna con Pablo Escobar, l’indicazione della sua amicizia con Antonio Bardellino assieme al quale avrebbe fondato il clan dei Casalesi, alleanze criminali importanti, il traffico i droga il suo core business. Di lui, scriveva l’enciclopedia della rete, aveva parlato in un interrogatorio il pentito Francesco Di Carlo, rispondendo alle domande dei pm Federico Cafiero de Raho (ora procuratore nazionale antimafia) e Antonello Ardituro. E Wikileaks gli aveva dedicato una nota poi secretata. A piè di pagina, i link di due piccole testate giornalistiche, napoletana e abruzzese, che nel 2014 facevano riferimento al clan Laudicino. Mancava, invero, un più accreditato take dell’Ansa, ma doveva essere sfuggito perché in rete c’è pure quello assieme ad alcune decine di citazioni in siti-spam che riportano le stesse informazioni.

Santino Laudicino non esiste

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Possibile, ci siamo chiesti, che non avessimo mai incrociato il nome e le gesta di cotanto personaggio? E per così tanto tempo? In realtà un Santino Laudicino, con questo nome, non è mai nato: non è stato mai registrato all’anagrafe di Casal di Principe né altrove, almeno in Italia, non è mai esistito negli archivi dell’Agenzia delle Entrate, non ha mai avuto rapporti con le banche italiane. Non solo: le dichiarazioni di Francesco Di Carlo non sono mai entrate nel monumentale faldone classificato 3615, ovvero la maxi-inchiesta sul clan dei Casalesi che ha portato al processo Spartacus e ai suoi rivoli pressoché infiniti.
Direte voi: dunque è uno scherzo. Possibile. Ma andando a guardare ‘nel retrobottega' di Wikipedia, ovvero nella cronologia delle modifiche effettuate sulle singole voci, abbiano scoperto una realtà parallela, invisibile ai semplici lettori, che ci fa ritenere improbabile che si tratti di una banalissima bufala. In quasi quattro mesi di osservazione abbiamo scoperto che chi ha creato il personaggio “Santino Laudicino” (sulla pagina hanno operato in prevalenza gli utenti Peppe589 e Paolomarruso21) si è preso la briga di manomettere an-che altre pagine. Per esempio, quella sul clan dei Casalesi; ma anche quella sui Casamonica e la biografia della famiglia Genovese di New York. Andando indietro nel tempo, abbiamo verificato che il clan Laudicino compare in Wikipedia sin dal 23 luglio del 2012, nelle schede dedicate al clan Casamonica e ai Casalesi. E che lo stesso Santino aveva fatto una breve comparsa a ottobre del 2014, poi cancellato dagli admin perché ritenuta non provata la sua esistenza. E inserito di nuovo il 6 luglio di quest’anno. Troppo tempo e troppa cura per un semplice scherzo.

Storia delle modifiche su Wikipedia

Le modifiche operate sulle singole voci, piccole manomissioni passate inosservate, hanno in realtà modificato la gerarchia geografica del clan dei Casa-lesi e ripristinano il primato (risalente all’epoca di Bardellino, e cioè fino a trent’anni fa) dei sanciprianesi. Con essa, riscritte pure le alleanze: i Nuvoletta che diventano amici, per esempio. Modifiche effettuate prevalentemente nel cuore della notte, tra l’una e le tre. Nelle stesse ore anche l’inserimento, per poche decine di minuti, di alcuni nomi negli elenchi degli affiliati. Per esempio, Giuseppe Russo (esponente del clan, detenuto), indicato per appena un quarto d’ora tra i capi dell’organizzazione; o tale Vincenzo Cammisotto al posto di un De Rosa, tra gli esponenti i vertice dei Casamonica; oppure ancora, tal altro Gennaro Laudicino (indicato come cugino di Santino, assieme a Ciro, Sandro, Carmine, Salvatore e Michele) al posto di Antonio Iovine. O come reggente, assieme a Walter Schiavone (il figlio del capoclan ergastolano chiamato Sandokan), dopo l’arresto di Michele Zagaria.

Potrebbe essere, allora, un nuovo gioco di ruolo? Non si può escludere, anche se due fatti lo smentiscono: la sola biografia-fake è quello di Santino Laudicino, e in questo caso gli altri giocatori agirebbero con nickname di persone reali (è contrario alle regole del gioco, che crea appunto scenari immaginari e mondi virtuali); la piattaforma utilizzata è sottoposta a controllo di terzi, per cui non è possibile avere la certezza di poterla utilizzare per tutta la durata della gara.

La fantomatica famiglia Marruso

Allora, abbiamo pensato, è la trama abbozzata di una fiction. Idea maturata perché una serie sulla ‘ndrangheta ambientata a Milano, in produzione nel 2014, aveva come protagonista una immaginaria famiglia Marruso (il cognome di uno dei due creatori delle voci-bufale). Per tutti questi anni? Con manomissioni, due anni prima della produzione, fatte da altri nickname? Se così fosse, agli autori del copione ci sentiamo di suggerire una ripassata a grammatica, ortografia e sintassi: la voce enciclopedica, surreale nei contenuti, ancora visibile su Wikiwand, è piena i strafalcioni e modi di dire dialettali.

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Lo confessiamo, le abbiamo pensate tutte: anche che Santino Laudicino sia l’alias di una persona veramente esistita, ancora viva o morta di recente; anche che Wikipedia sia stata utilizzata come messaggeria originale e clandestina, magari anche criminale, per pochi eletti. Persone che l’8 agosto si sono collegate a quella pagina facendo schizzare molto verso l’alto il picco delle visualizzazioni. E che in due differenti occasioni, a settembre e a ottobre, hanno assistito alla cancellazione della pagina a opera dei due autori, dopo un annuncio assai sibillino: “Controllo autorità”. Cancellazioni annullate dagli admin (che beffa per i controllori), che le hanno considerate atti di vandalismo.
Non abbiano ancora trovato una risposta ma una certezza ora l’abbiamo: Santino Laudicino e il suo clan ormai esistono, impossibile cancellarne le tracce dal web e dai giornali (online e cartacei) che, copiando senza verifica-re le informazioni trovate sulla rete, li hanno destinati all’immortalità. È la storia adattata alla cronaca contingente, come avveniva negli uffici del ministero della Verità di orwelliana memoria. Ma Winston Smith era un personaggio della fantasia e 1984 solo un romanzo.

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Rosaria Capacchione, giornalista. Il suo lavoro di cronista giudiziaria e le inchieste sul clan dei Casalesi le sono costate minacce a causa delle quali è costretta a vivere sotto scorta. È stata senatrice della Repubblica e componente della Commissione parlamentare antimafia.
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