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Scarichi illegali e documenti falsi: ecco perché sono state sequestrate le Fonderie Pisano

Nel verbale di sequestro dello stabilimento tutti gli illeciti commessi dai gestori delle fonderie Pisano. È scontro tra comitati e operai che accusano gli abitanti di avergli fatto perdere il lavoro. Bocce cucite dagli ambientalisti: “clima teso ci sentiamo minacciati”
A cura di Antonio Musella
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La magistratura ha posto i sigilli alle Fonderie Pisano di Salerno. L'impianto è da diversi mesi al centro di un acceso scontro tra comitati di cittadini e lavoratori da quando, ovvero, lo stabilimento aveva riaperto i battenti nel maggio scorso, su autorizzazione della Regione Campania. Dopo il sequestro i comitati hanno scelto di tacere. "Non rilasciamo dichiarazioni, abbiamo ricevuto minacce il clima è troppo teso" ci dicono. I legali dei comitati hanno suggerito agli abitanti del posto di gettare acqua sul fuoco. Gli operai avrebbero individuato nei comitati i principali responsabili della chiusura dell'impianto.

Proprio dove sorgeva il presidio permanente dei comitati che chiedevano la chiusura delle fonderie, ora ci sono gli operai che chiedono garanzie per il proprio futuro. Salute contro lavoro, uno scontro che nel nostro Paese si ripropone spesso, a Salerno esattamente come a Taranto sulla questione ILVA. A mettere un punto alla vicenda c'hanno pensato i Carabinieri del NOE di Salerno e il pool di magistrati composto da Silvio Marco Guarriello, Mariacarmela Polito e Carlo Rinaldi della Procura della Repubblica di Salerno, ordinando il sequestro delle fonderie lo scorso 24 giugno. Gli indagati, accusati a vario titolo di reati ambientali e amministrativi, sono sette: i cinque co-amministratori della fonderie, Mario Pisano, Guido Pisano, Renato Pisano, Ciro Pisano, Ugo Pisano, con loro Luca Fossati, il tecnico che rilasciò l'Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA) nel 2011 e Antonio Setaro dirigente regionale del settore provinciale Ecologia e Disinquinamento di Salerno.

Autorizzazioni false, scarichi abusivi ed emissioni nocive

I magistrati contestano che l'AIA concessa nel 2011 alla fonderia sia stata concessa senza i presupposti necessari. Nel verbale di sequestro dell'azienda si legge come i Pisano avrebbero consegnato al tecnico Fossati una autocertificazione che attestava l'assenza di vincoli intorno all'azienda dove invece dal 2008 sorge il Parco Urbano della Valle dell'Irno. Nella stessa documentazione necessaria per ottenere l'AIA, si ometteva di dichiarare la totalità delle particelle catastali dell'azienda dichiarando solo i terreni del complesso industriale ma non gli immobili costruiti su di essi. L'aspetto più inquietante degli indagini della magistratura riguarda gli illeciti ambientali: i Pisano avevano costruito degli scarichi abusivi di reflui industriali direttamente nel fiume Irno. I tecnici dell'ARPAC di Caserta hanno verificato che si trattava di scarichi industriali di acque che venivano a contatto con i materiali ferrosi come rame e idrocarburi e inoltre finivano sui rifiuti industriali. Oltre agli scarichi  i tecnici dell'ARPAC di Caserta, hanno individuato le emissioni nell'aria fuori dalle norme di benzene, xylene e composti a base di anidride solforosa. I Pisano sono accusati anche di gestione e smaltimento illecito di rifiuti pericolosi, le scorie oleose della produzione delle fonderie infatti, venivano gestite fuori da ogni norma e smaltite illecitamente. Il tutto non poteva che avvenire in piena consapevolezza del danno arrecato, visto che proprio i tecnici dell'ARPAC di Caserta, che dal novembre del 2015 monitoravano la fabbrica, avevano più volte sottolineato la necessità di mettere a norma il processo di smaltimento.

Gli operai lavoravano senza alcuna sicurezza

Le accuse per i Pisano, negli atti redatti dal pool di magistrati di  Salerno, riguardano anche le norme di sicurezza sul lavoro. Per i magistrati gli amministratori delle fonderie mandavano a lavorare i propri operai omettendo le più basilari norme di sicurezza: assenza di misure a antincendio, assenza di protezione da possibili inneschi in un ambiente atmosferico potenzialmente esplosivo, assenza della segnalazione delle zone di pericolo. Alla mente torna il drammatico incidente della Thyssenkrupp di Torino, l'acciaieria dove a causa di un innesco e dell'inefficienza del piano antincendio persero la vita in un terribile rogo 7 operai e per il quale sono stati condannati con sentenza definitiva 6 manager dell'azienda. Le condizioni in cui lavoravano gli operai che oggi attaccano chi ha fatto sequestrare lo stabilimento erano terribili. Il prossimo 4 luglio al Ministero dello Sviluppo Economico, ci sarà un incontro tra governo, Regione Campania, Comune di Salerno e i sindacati dei lavoratori per cercare una soluzione per i circa 150 operai rimasti senza lavoro dopo il sequestro.

Le denunce dei comitati fondamentali per le indagini

I magistrati dedicano un paragrafo del provvedimento di sequestro delle fonderie alle denunce dei comitati. Segnalazioni, telefonate: gli attivisti dei comitati hanno inondato il NOE di Carabinieri di materiali e testimonianze che hanno contribuito non poco a scoprire i gravi illeciti alla base delle attività delle Fonderie Pisano. L'ultima denuncia il 23 giugno, il giorno prima del sequestro, raccontava di odori nauseabondi, sintomo di un cattivo funzionamento degli impianti, tra le 6 e le 7 e 30 del mattino. I morti intorno allo stabilimento di via dei Greci non si contano più, così come la diffusione delle malattie delle vie respiratorie. A testimoniarlo il colore degli edifici, anneriti dalle polveri delle fonderie. Le stesse polveri che finiscono nei polmoni di chi vive in quelle case e anche dei lavoratori delle fonderie. L'attività dei comitati insieme ai rilievi tecnici dell'ARPAC di Caserta ha fatto emergere il fenomeno di inquinamento ambientale, ma a guardare questa vicenda sorgono molte e inevase domande. Com'è  possibile che dalla concessione dell'AIA nel 2011 nessuno abbia verificato la documentazione delle fonderie? Com'è possibile che in 5 anni nessuno abbia verificato l'esistenza degli scarichi abusivi nel fiume Irno? E infine, com'è possibile che in tutto questo tempo l'ARPAC di Salerno non si sia accorta di nulla tanto da rendere necessario l'intervento dei colleghi di Caserta?

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