Anonimato non garantito, e tre mesi per avere l'esito delle correzioni. Ovvero, potenzialmente: possibilità di truccare le prove, e tutto il tempo per farlo. Il quadro che descrive l'avvocato Francesco Leone, che insieme ai colleghi Simona Fell e Ciro Catalano ha presentato il ricorso al Tar, Tribunale Amministrativo Regionale Campania che rischia di mandare in fumo il Concorso Ripam Campania 2019, è davvero imbarazzante: non sarebbero state seguite nemmeno le indicazioni basilari per tutelare i candidati da eventuali manomissioni, in positivo e in negativo. I ricorsi che sono arrivati al legale sono decine, ma tutti convergono sullo stesso punto: al Concorso Ripam era possibile imbrogliare, e anche facilmente.
Avvocato Leone, come funziona un concorso del genere?
Le norme prevedono che non si debbano distribuire talloncini, ma che si debbano dare due fogli, uno con la griglia delle risposte e l'altro con la scheda anagrafica. Il foglio coi dati del candidato va messo in una busta piccola che viene sigillata e che viene inserita in una busta grande insieme al foglio delle risposte e va tutto consegnato alla commissione. Si corregge prima il foglio delle risposte e poi avviene l'accoppiamento col candidato.
Per il concorso Ripam le cose non sono andate così?
Hanno voluto velocizzare le procedure, non hanno consegnato le buste ma etichette con un codice numerico di poche cifre. È un sistema che il Consiglio di Stato ha bocciato già nel 2013 perché non garantisce l'anonimato e rende possibile imbrogliare.
In che modo si può truccare la prova?
Non sono state consegnate buste, il foglio delle risposte veniva ritirato da un addetto alla sicurezza. Questo significa che le risposte, non essendo in una busta sigillata, possono venire modificate. Abbiamo presentato richiesta per sapere come sono stati conservati i fogli nei tre mesi della correzione, ma ancora non ci hanno risposto. In questo tempo sarebbe stato facile recuperare la prova attraverso il codice numerico, che era di pochi numeri e facile da memorizzare, e quindi risalire all'identità del candidato e fare di tutto: aggiungere risposte, correggerle, anche invalidare la prova di altri candidati tracciando segni di riconoscimento.
Ci faccia capire, in modo semplice, come potrebbe avvenire l'imbroglio.
Diciamo che io, candidato, ho un accordo con qualcuno che lavora nella sorveglianza o nella commissione. Perché lo conosco o perché, magari, viste le falle qualcuno si è fatto avanti promettendo agevolazioni illegali. Rispondo soltanto alle domande per cui sono sicuro, le altre le lascio in bianco e consegno. Comunico il mio codice al complice, che poi recupera la prova, la compila e la rimette nel mazzo di fogli, dopo la consegna o nelle settimane successive. Tutto qui. In concorsi come questi basta aggiustare tre o quattro domande, un paio di punti possono fare la differenza tra l'essere dentro o fuori, ti cambiano la vita.
Avete rilevato altre anomalie?
Un altro punto è quello della percentuale dei candidati che hanno superato le preselettive. Se in una giornata passano centinaia di persone e il giorno successivo gli idonei sono solo poche decine, c'è statisticamente qualcosa che non torna.
Per avere i risultati delle preselettive ci sono voluti tre mesi. Come mai?
È un altro punto del ricorso, evidenziato anche nella sospensiva del Tar. In quei tre mesi non sappiamo se le prove sono state tenute in cassaforte, come solitamente avviene, o che altro espediente sia stato utilizzato per evitare manomissioni. Poi, il 10 febbraio ci sono state le prove per la categoria D e i risultati sono arrivati un paio d'ore dopo: il sistema di correzione è lo stesso, sempre il lettore ottico, perché questa differenza enorme? Cosa è successo in quel lasso di tempo?
La Regione Campania ha presentato a sua volta ricorso contro la sospensiva. Ora che succede?
La Regione fa il suo lavoro, è chiaro. È parte lesa in questa storia. La responsabilità è del Formez: se una agenzia ministeriale usa standard di sicurezza inferiori a quelli delle agenzie private, il problema è veramente grosso.