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Perché vi lamentate di questo rimpasto? La giunta De Magistris era pessima anche prima

La giunta del rimpasto numero 10 è brutta come le precedenti. Nel corso di due consiliature Luigi De Magistris ha deluso tutte le aspettative e lo dicono i fatti: non è riuscito nemmeno a stringere alleanze politiche, gli unici che lo sostengono sono gli studenti ogni qual volta egli dispone la chiusura delle scuole per allerta meteo.
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Nel monologo televisivo settimanale (nemmeno Fidel Castro osava tanto, in  Campania invece lo fanno sia lui che Vincenzo De Luca) Luigi De Magistris ha difeso le sue scelte per la nuova giunta e la sostituzione degli assessori a scopo esclusivamente elettorale. Davanti alle telecamere di Televomero il sindaco ha attaccato chiunque, perfino lo scrittore Maurizio De Giovanni che aveva osato lamentarsi pubblicamente della defenestrazione di Nino Daniele, assessore alla Cultura, pontiere col mondo Pd fino all'altroieri e oggi etichettato come una specie di vegliardo da sostituire una persona più giovane. «Il sindaco è eletto dal popolo» ha affermato il Nostro, fedele ad un leit motiv degno di numerosi e nient'affatto rimpianti leader politici italiani.

Perché affliggersi ora, citando la buonanima di Osho?  È dal 2011 che le giunte proposte da Luigi De Magistris hanno falle come il Titanic. Fanpage.it per primo ha ricostruito in questi giorni la De Magistris story coi suoi 10 rimpasti. Una volta c'è dentro Sergio D'Angelo e il conflitto d'interessi con la sua coop Gesco; poi il caso del primo vicesindaco, Tommaso Sodano eminenza grigia declassata e cacciata via. Vogliamo parlare di coloro che furono cacciati per aver mostrato carattere? Pino Narducci, Riccardo Realfonzo tra i primi.  Salvatore Palma che fine fece? Per Maria D'Ambrosio e  Alessandra Sardu  citeremmo il  «Carneade» di manzoniana memoria. Dal giorno in cui la bandana arancione sventolò al grido di «Avimme scassato!» è stata una continua rottura di rapporti politici e personali.

«Noi abbiamo il dovere di lavorare e chi è subentrato ha il diritto di essere rispettato» dice oggi De Magistris, convinto di poter riparare sia col mondo delle coop cacciato via dalla giunta attraverso l'esclusione di Laura Marmorale e di avere «un rapporto bellissimo» con gli altri due ex assessori Daniele e Mario Calabrese.

Ne fa una questione personale, il sindaco. Chi vive la città invece sa di cosa parliamo: manca la manutenzione ordinaria e straordinaria di alloggi popolari, strade di competenza comunale e municipale, cartellonistica, pubblica illuminazione. I trasporti di Napoli non sono mai stati così inefficienti, forse solo nel Dopoguerra.

Il carisma del sindaco di Napoli si ferma al casello della Salerno-Reggio Calabria: quando va a Roma De Magistris non ha la forza politica per chiedere alcunché in favore della sua città. In tanti anni è riuscito a stringere alleanze soltanto con la sua pagina Facebook e il suo profilo Twitter, i suoi unici alleati oggi sono gli studenti che lo osannano ogni qual volta egli dispone le scuole chiuse per allerta meteo.  Che in giunta ci sia l'assessora dei centri sociali con idee anti-israeliane o il raffinato e salottiero ex Pci con legami nel mondo della Cultura a chi importa? Siamo a fine corsa: De Magistris cerca solo di essere azionista di maggioranza del prossimo sindaco e ha scelto per questo la sua assessora Alessandra Clemente. Ma altri 5 anni così e Napoli davvero muore politicamente, economicamente, culturalmente. È bene che le forze politiche tutte, se ne facciano carico.

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Giornalista professionista, capo cronaca Napoli a Fanpage.it. Insegna Etica e deontologia del giornalismo alla LUMSA. Ha una newsletter dal titolo "Saluti da Napoli". È co-autore dei libri "Il Casalese" (Edizioni Cento Autori, 2011); "Novantadue" (Castelvecchi, 2012); "Le mani nella città" e "L'Invisibile" (Round Robin, 2013-2014). Ha vinto il Premio giornalistico Giancarlo Siani nel 2007 e i premi Paolo Giuntella e Marcello Torre nel 2012.
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