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Opinioni

Dopo il suicidio della studentessa, i ragazzi si sfogano: “Stress enorme per gli esami”

Sul servizio di messaggi Spotted Unina numerose lettere degli studenti raccontano lo stress per arrivare all’agognato traguardo: la laurea. Un percorso che spesso si ferma davanti a problemi personali, familiari, davanti a guai di salute. Dopo il suicidio della studentessa a Monte Sant’Angelo molti ragazzi raccontano i loro guai. E in alcuni casi spiegano come li hanno superati.
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Il presidio silenzioso degli studenti dell'ateneo federiciano
Il presidio silenzioso degli studenti dell'ateneo federiciano

Spotted è uno dei sistemi più usati dagli studenti universitari per dialogare in anonimato. Di solito è usato per rimorchiare e fare amicizia: "Ciao, ti ho vista in aula, indossavi una maglietta verde… se ti va ecco la mia mail". Ma in questi giorni il servizio per gli studenti della Federico II, con contenuti scherzosi, a volte sciocchi, a volte al limite dell'indiscreto, si è trasformato in un muro di sfogo e rabbia per ciò che hanno visto e sentito. Parliamo del suicidio della giovane studentessa di Isernia che è gettata da una palazzina togliendosi la vita. Motivo? Aveva detto alla famiglia di essere in procinto di laurearsi ma non aveva in realtà esami in regola. Tra i ragazzi dell'ateneo federiciano lo stress per gli esami, i corsi e lo studio spesso viene esorcizzato ma in realtà per alcuni rappresenta un ostacolo quasi insormontabile. E qualche volta i problemi familiari e quelli di salute decretano il fallimento del percorso di studi.
Ecco alcuni tra i messaggi più toccanti pubblicati anonimamente su Spotted Unina


«Io sono una studentessa di Medicina, sono sempre stata una studentessa modello al liceo e anche al primo anno di questa facoltà, poi qualcosa si è rotto. Un importante lutto familiare e problemi con alcuni esami mi hanno fatto entrare in un meccanismo in cui mai avrei immaginato di poter entrare. Io lo chiamo il mio periodo buio, il buio dell’anima, quello che ti fa piangere senza un motivo apparente, quello che ti svuota della voglia di vivere e di andare avanti. Quando sei in mezzo agli altri cerchi di fingere, ma appena ti ritrovi sola con te stessa e con il buio, tutto torna a galla. Ho trascorso intere giornate a letto perché mentre dormivo tutto si annullava e io potevo scappare da una realtà che non mi apparteneva. Piangere e dormire erano le uniche cose che mi riuscivano meglio. Un amico di famiglia, psichiatra, mi diede una cura di antidepressivi e ansiolitici ma niente cambiava dentro di me, riuscivo a dormire di più ma non ero più felice, il buio ormai mi apparteneva. “Mamma non preoccuparti, sto bene” le ripetevo, ma, appena restavo da sola, le lacrime e il cuscino erano i miei quotidiani compagni di vita. Alcune volte ho pensato alla fine del mio dolore, a come sarebbe stato, spesso ho osservato il balcone di casa mia, lo osservavo solo, non avrei mai potuto farlo, non avrei mai potuto lasciare il mio dolore in eredità a qualcun altro. ‘Mamma ho bisogno di un aiuto, ho trovato il nome di una psicologa su internet'.
Con delicatezza, con l’aiuto di un angelo, ho imparato a fronteggiare il buio e a rimettere insieme qualche pezzo della mia vita. Le lacrime pian piano diminuivano e anche la mia voglia di passare le giornate nel letto. L’angelo che mi ha aiutato oggi non c’è più, mi manca, ma nei momenti difficili cerco di ricordare le sue parole. Quando ho letto la tragica notizia della ragazza che si è suicidata a Monte Sant’Angelo, le lacrime inconsapevolmente hanno iniziato a solcare il mio viso. Non tutte le vite sono uguali, non tutte le persone sono uguali, ci sono anime più deboli che vorrebbero essere forti ma non sanno come farlo. Io ho imparato a non giudicare perché purtroppo chi non ha vissuto determinati dolori dell’anima, non può capire. Io per prima tanti anni fa non avrei mai potuto capire. Pian piano si può rinascere, ancora oggi ho tante sfide personali da affrontare ma nonostante tutto, cerco di essere forte. Non ho la possibilità di studiare in modo continuativo, sono fuoricorso, mi mancano 22 esami, spesso mi sento ancora sbagliata, ma spero un giorno di poter realizzare il mio sogno e indossare la corona d’alloro che tanto desidero»
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Alcuni si appellano proprio agli stessi colleghi di università.

Riguardo all'atroce evento volevo dire a tutti/tutte di non nascondere l'andamento della vostra carriera universitaria, non ha senso e fa più male a voi che agli altri (in verità penso che faccia solo ed esclusivamente male a voi). Non distruggete l'anima, la testa e la vostra vita per dei fottuti esami di merda, sì è vero che se non superi gli esami non puoi andare avanti, ma perseverando si arriva sempre allo scopo, sopratutto se sono più gli esami fatti che quelli mancanti.
Se invece non hai dato nemmeno un esame, non disperatevi, perché forse non fa per voi quella Carriera, ma la vostra vita non è finita, cazzo, non è finita.
Parlatene con qualcuno, per qualunque ostacolo, che per voi può risultare una montagna invalicabile, ma ci sarà qualcuno che quella montagna ve la trasformerà in collina, qualcuno che possa essere di aiuto.
Da oggi la mia vita è cambiata per sempre, ti ho vista cadere nei miei occhi e con quegli occhi ti ho vista brillare con quel sorriso che non mostravi sempre.
Ragazzi almeno voi, parlatene, siate schietti, sinceri
Almeno voi.

Altri invece sfogano la loro rabbia
Oggi una nostra amica si è tolta la vita travolta da un peso dettato dalla società. L'università non farà niente per cercare di capire le motivazioni, le paure, l'angoscia che tutti noi studenti abbiamo. Quando un personaggio pubblico muore il lutto cittadino è obbligo, una ragazza muore e l'università non fa niente per sottolineare la gravità della situazione. Come associazione dovreste fare di più, dovreste rappresentare il dissenso generale per la strafottenza che c'è in questo momento da parte delle istituzioni. Organizziamo una manifestazione per far capire alle persone che hanno problemi che non sono sole, e che tutti noi abbiamo i nostri momenti brutti. Possiamo superarli.

Qualcuno racconta la sua storia dal paesino alla corona d'alloro

Impariamo dal dolore
Non abbiamo avuto modo di conoscerci, e mi dispiace, anche perché avremmo scoperto molte cose in comune. Per iniziare anch’io come te sono una studentessa fuorisede della Federico II. Come te mi sono trasferita da un paesino minuscolo dove ho lasciato famiglia, amici, affetti e luoghi conosciuti per iniziare un percorso di studi piena di speranza, sogni, passione e giovane entusiasmo. Come te (credo), ad un certo punto anche per me sono arrivate le difficoltà. Ora io non conosco le tue, ma conosco bene le mie, e conosco quelle di qualche amico. Le difficoltà, i problemi, le circostanze, sono diverse per ognuno di noi, quello che ho imparato è che le sensazioni e i malesseri invece, seppur con le loro sfumature, sono molto più simili di quello che crediamo. Le ansie, la sensazione di non riuscire, la sensazione di essersi persi e di non riuscire a ritrovarsi, il sentirsi meno capace degli altri, la paura di deludere la famiglia, tutto questo può diventare un incubo ad occhi aperti da cui non si ha sempre la forza di svegliarsi. Io non lo so se per te è stato così, ma per me lo è stato per molto tempo, e in alcuni momenti lo è ancora: i mostri sono duri a morire e l’università è la mia bestia nera!!! Forse, nelle nostre giornate frenetiche, tra un corso e un esame, tra il ritardo del treno e il lavoro pagato male, abbiamo perso l’abitudine di guardarci negli occhi, abbiamo iniziato a scorrere la home di fb invece di chiacchierare con il nostro collega di corso. E allora magari, tra un mi piace e l’altro vorrei trasmettere un piccolo pensiero. Spesso mi sarebbe bastato il sorriso del mio compagno di banco, la condivisione dell’ansia per quell’esame con il prof. che è proprio uno stronzo, oppure la fotocopia di un appunto che c’ho buttato il sangue ma magari la prossima volta fotocopio io il tuo. Insomma mi sarebbe bastata un minimo di empatia, il sentirsi meno soli nelle difficoltà, il sapersi tutti sulla stessa barca, la possibilità di poter chiedere aiuto ad un amico senza sentirsi in difficoltà, e non la stupida competizione di cui poi in fondo tutti ci lamentiamo. Impariamo a chiedere aiuto e impariamo a tendere la mano. Abbiamo tutti le nostre fragilità, abbiamo tutti voglia di essere ascoltati e capacità di ascoltare, abbiamo tutti bisogno di una mano o una semplice parola di conforto e siamo tutti in grado di aiutare. Impariamo a vivere in connessione con gli altri e non solo a memorizzare una serie di nozioni accademiche. Non lasciamoci abbruttire dalle ambizioni individuali e dalle difficoltà, nessuna laurea, nessun 110 e lode, ha valore senza empatia, gentilezza e umanità.

Ieri c'è stato un presidio silenzioso e spontaneo degli studenti, circa 400, nel complesso di Monte Sant'Angelo a Fuorigrotta. Un momento toccante della vita universitaria  che  – spiega Francesco Borrelli, oggi consigliere regionale ma per molti anni leader della Confederazione degli studenti –  conferma le qualità umane e l'unità degli studenti che frequentano l'ateneo napoletano". Sempre ieri un docente universitario molto noto sui social, Guido Saraceni, ha pubblicato una sorta di lettera aperta su Facebook parlando proprio degli esami e dello stress connesso allo studio, un messaggio apprezzato e molto condiviso.

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Giornalista professionista, capo cronaca Napoli a Fanpage.it. Insegna Etica e deontologia del giornalismo alla LUMSA. Ha una newsletter dal titolo "Saluti da Napoli". È co-autore dei libri "Il Casalese" (Edizioni Cento Autori, 2011); "Novantadue" (Castelvecchi, 2012); "Le mani nella città" e "L'Invisibile" (Round Robin, 2013-2014). Ha vinto il Premio giornalistico Giancarlo Siani nel 2007 e i premi Paolo Giuntella e Marcello Torre nel 2012.
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