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L'omicidio di Ugo Russo a Napoli

Carabiniere spara e uccide 15enne che voleva rapinarlo. La vera peste di Napoli

Se ancora un po’ di pietà abbiamo in petto va alla giovane vita ora sotto un lenzuolo della camera mortuaria. Se ne abbiamo altra va ad un carabiniere di 23 anni e alla sua fidanzata: da ieri notte le loro vite sono cambiate per sempre. Ma non dobbiamo smettere di chiederci: perché è successo ancora una volta?
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La città incredibile come un Titano molle si desta dalle paure dei virus invisibili per adagiarsi su una pozza di sangue e creolina ai piedi di Monte Echia. Ugo, 15 anni, è morto. Un carabiniere di 23 anni l'ha ucciso. Il primo tentava di rapinare il secondo, quest'ultimo ha sparato e ancora e ancora. Dinamiche e responsabilità non possono essere chiare in un lasso così breve di tempo: evitiamo giudizi da Suprema Corte di Cassazione.

Un pronto soccorso è stato devastato dai parenti della vittima, colpi di pistola sono stati esplosi contro una caserma dei carabinieri: siamo oltre ogni sceneggiatura di brutti film sulla camorra.

Se ancora un po' di pietà abbiamo in petto va alla giovane vita che non c'è più. Ora c'è un corpo  sotto un lenzuolo in una camera mortuaria.

Se ne abbiamo altra, di pietà, va ad un carabiniere di 23 anni e alla sua fidanzata: da ieri notte le loro vite sono cambiate per sempre.

La Peste di Napoli non è più quella di Curzio Malaparte ed è più devastante dell'armonia perduta raccontata da Raffaele La Capria. Il coronavirus c'è e non si vede, questo che è successo oggi l'abbiamo invece visto, toccato: la puzza di disinfettante su una barella devastata al Vecchio Pellegrini e il rumore di passi che a centinaia si dileguano lasciando il borgo di Santa Lucia deserto in dieci secondi.

Sono decenni che questo morbo divora Napoli eppure lo si è lasciato proliferare. Dietro via Generale Orsini – Fanpage.it ha lí la redazione napoletana – le rapine nel corso dei mesi sono andate via via aumentando. Non ci sono uomini, ci sono le telecamere. E oggi che ne facciamo di un filmato in cui un uomo, forse sentendosi legittimamente a rischio della vita, uccide un ragazzino? È già successo ed è successo ancora. Non dobbiamo smettere di chiederci perché

Sono i giorni del coronavirus ma Napoli userà quel disinfettante per lavare da terra sangue di ragazzo. Sono i giorni del contagio, ma quelli della paura li abbiamo già spesi tutti dopo le stese, le faide, gli omicidi,la continua negazione di una emergenza pluridecennale. Sono i giorni infami della caccia agli untori. Ma quelli della caccia ai veri avvelenatori riuniti in clan milionari li abbiamo archiviati e anestetizzati nelle fiction televisive.

Abbiamo riscoperto che a Napoli l'emergenza sicurezza fa più morti e da più tempo e non c'è vaccino, no.

Ma non c'è stato nemmeno il tentativo di arginarla. O quanto meno di ammetterne l'esistenza.

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Giornalista professionista, capo cronaca Napoli a Fanpage.it. Insegna Etica e deontologia del giornalismo alla LUMSA. Ha una newsletter dal titolo "Saluti da Napoli". È co-autore dei libri "Il Casalese" (Edizioni Cento Autori, 2011); "Novantadue" (Castelvecchi, 2012); "Le mani nella città" e "L'Invisibile" (Round Robin, 2013-2014). Ha vinto il Premio giornalistico Giancarlo Siani nel 2007 e i premi Paolo Giuntella e Marcello Torre nel 2012.
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