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Notte che se ne va. Pino Daniele si riprende piazza Plebiscito: sua per sempre

Centomila al flash mob in piazza Plebiscito a Napoli per cantare Pino Daniele e riempire il vuoto collettivo che ci ha lasciato la sua morte. È stato l’ultimo vero evento pubblico dell’artista partenopeo che si è ripreso l’amata piazza dei concerti: ora è sua per sempre.
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Il momento del diastacco da una persona cara è quando realizzi che certe cose non potranno mai più accadere. Napoli si è svegliata dal torpore dei social network e della tivvù, ieri sera, quando ha deciso di infilarsi un cappotto nella fredda notte dell'Epifania e finire imbottigliata in un traffico mai visto. Traffico in via Marina, traffico in via Depretis, traffico in via Medina, in piazza Municipio. Ma allora è ovéro? Tutta questa gente sta qui per Pino Daniele?

Già. Un flash mob. Proprio come per un concerto – chi ci è stato ricorda le file interminabili all'uscita di Cava dei Tirreni per entrare allo stadio o di Castel Morrone per andare al Palamaggiò, due luoghi simbolo dei concerti del Mascalzone Latino (o Pinuccio, Pinotto, Zio Pino, ma quanti nomi ha da quando è morto?). C'è bisogno di farsi largo tra la folla, di cercare il proprio posto in piedi, nella piazza piena come un uovo. Pino Daniele si riprende il suo Plebiscito: è la piazza più grande di Napoli okay ma è anche qualcosa di più e lo sa ogni partenopeo nato negli anni Settanta. È l'area dei grandi raduni e quella dello schiaffo alla città, trasformata in gigantesco parcheggio abusivo e monumento all'incuria, poi, nei primi anni Novanta recuperata all'antica bellezza e diventata anche al tempo stesso simbolo dei tanti vorrei ma non posso della città. Pino Daniele ha cantato in quella piazza nei difficili anni Ottanta, un concerto simbolo. Poi si è ripetuto, sì, ma quella piazza è diventata di altri, di kermesse organizzate e passerelle. Ieri è tornata solo di Pino. Forse è l'unico vero luogo pubblico di Napoli veramente solo suo. Per sempre.

In piazza Plebiscito s'è riempito un vuoto, quello della morte, di tanti vuoti, i nostri. Chiamati a cantare con organizzazione praticamente nulla, come ad ogni flash mob che si conviene. Abbiamo cantato, abbiamo cantato, qualcuno s'è portato il megafono, altri la chitarra, tutti con lo smartphone nel rito collettivo d'una laudatio funebris musicale, senza salma da piangere, senza vip da guardare uscire dalla chiesa – quello accadrà fra poche ore, nel doppio appuntamento con le esequie a Roma al Divino Amore in mattinata e in serata quelle di Napoli.

Cinquantamila e poi anche di più: gente che va, altri che vengono, le automobili parcheggiate fino in piazza Mercato per arrivare a piedi al Plebiscito. Alla fine sono centomila persone che cantano, raccontano. Una situazione comune a molti è quella di cantare e guardare giù, sul colonnato. Aspettandosi di vedere la figura metà uomo e metà chitarra entrare e avvicinarsi al microfono e intonare: «E passerà, sarà un vento caldo solo pieno di pazzie, che dal sud arriva e ti tiene sveglio. E anche se è un po' lento vedrai che correrà…e passerà…».

Nella notte fredda e stretta pe' chi vvo' durmì e chiude l'uocchie e nun riesce a capì l'ultimo happening che non ha il fardello pesante della cerimonia funebre è andato in scena la notte dell'Epifania del gennaio 2015 in piazza del Plebiscito a Napoli. In cielo una luna tonda e piena che è fummo, è fummo e niente cchiù. Potranno fare commemorazioni, concerti, special televisivi, nulla sarà uguale a quel vuoto riempito dal vuoto di centomila persone. «È solo sentimento…». E jesce juorno.

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Giornalista professionista, capo cronaca Napoli a Fanpage.it. Insegna Etica e deontologia del giornalismo alla LUMSA. È autore del libro "Se potessi, ti regalerei Napoli" (Rizzoli). Ha una newsletter dal titolo "Saluti da Napoli". Ha vinto il Premio giornalistico Giancarlo Siani nel 2007 e i premi Paolo Giuntella e Marcello Torre nel 2012.
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