Vivo al rione Vasto da anni, gli unici problemi seri che ho avuto, finora, sono stati con italianissimi, napoletanissimi, cittadini. Lo dico subito, per spostare l'attenzione da quella che in un contesto nazionale confuso, fatto di indignazioni precoci o tardive ma mai puntuali sul tema immigrazione e convivenza con gli immigrati, è già stata etichettata come una aggressione di stampo razzista.
Chiariamoci: se il povero Cissé Elhadji Diebel, senegalese poco più che trentenne, integrato (ha perfino un po' di accento partenopeo quando parla in italiano) con permesso di soggiorno regolare, a Napoli da 7 anni, è stato aggredito e colpito a pistolettate per razzismo, chi l'ha fatto deve finire in galera come prescrive la legge con l'aggravante razziale. Ma se fosse accaduto per altro? Estorsione, intimidazione? Se l'aggressione fosse avvenuta perché in quella zona le scorribande criminali sono all'ordine del giorno e la camorra – sì, la vecchia cara camorra che di questi tempi nessuno nomina più e nel silenzio fa affari d'oro – ha determinati interessi? Quali? Ad esempio dominare su traffici, estorsioni e gestioni commerciali in strade che si reggono per la presenza di negozi di cellulari e schede telefoniche, di centri scommesse, di bar legali e mini-market abusivi, di bancarelle di vestiti, pelletteria e cover per cellulari, di bed&breakfast lato stazione e si reggono sulla presenza di decine, centinaia di prostitute che affollano alberghetti e motel? Sarebbe meno grave se la camorra avesse deciso di dare segnali e seminare il terrore? No. Eppure ci si accorge del rione Vasto soltanto per quest'episodio, perché legato ad una dinamica nazionale che fa comodo etichettare e bollare. Dunque occorre ricominciare nel ragionamento e spazzar via elementi pregiudiziali.
Anzitutto: Vasto, nomen omen. È una zona enorme. Contestualizziamo: i problemi di ordine pubblico (risse, furti, disturbo della quiete pubblica, ubriachezza molesta) che i residenti fanno coincidere con la presenza degli immigrati sono segnalati soprattutto in strade e vicoli alle spalle della stazione centrale, ovvero piazza Garibaldi e poi verso Porta Capuana e su, risalendo via Cesare Rosaroll, porta d'ingresso nel nuovo inferno napoletano, perché è così che lo si sta dipingendo. Nelle aree di passaggio, come sono quelle intorno alle stazioni delle grandi città, l'indice della criminalità più alto, per questo si mettono in campo operazioni di rigenerazione urbana. È stato fatto davanti alla Centrale di Milano, è stato fatto all'interno e nel quartiere Esquilino per quel che riguarda la stazione ferroviaria di Roma. A Napoli la situazione è sotto gli occhi di tutti: un cantiere eterno, quello della fermata Garibaldi del metrò; la presenza fortissima dei mercatini del falso, di imbroglioni con tablet e smartphone truccati in vendita, borseggiatori e così via. Il sindaco Luigi De Magistris sostiene che la sua Amministrazione ha avviato un progetto imponente di rigenerazione in zona, ma chi l'ha visto? Dunque: il degrado non è colpa degli immigrati che ci arrivano e semplicemente si trovano in un'area senza regole, senza limiti, senza servizi. Tra maggio e giugno due maxi-feste ‘attenzionate' da carabinieri e polizia, hanno svegliato di soprassalto centinaia di residenti: cantanti neomelodici e fuochi artificiali alle 3 del mattino. Un addio al celibato o una serenata d'amore? Non si sa. Si sa soltanto che quando succede così non si dorme. E la colpa non è degli immigrati ma chissà perché nessuno parla.
Altra questione: al Vasto c'è anche la presenza di numerosi Cas, i centri di accoglienza straordinaria per i migranti. Fu deciso a tavolino di allocarli tutti lì? Una scelta stupida. Ma fu un disegno divino? Certo che no. Vi furono numerosi alberghi che diedero la loro disponibilità: in zona gli affari scarseggiavano e i Cas avrebbero garantito un flusso di denari costante. Poi è arrivato il turismo e con esso i soldi dei turisti. Molti in più della diaria per gli immigrati. Però cambiare un flusso non si può, senza un ordine superiore. Dei 23 Cas presenti in città, ce ne sono 13 nell'area Ferrovia, la Prefettura di Napoli siglò lo scorso anno un accordo per lo Sprar, Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati, ovvero l'accoglienza piccola e diffusa, quella vera, progressista, giusta. È stato fatto? Il prefetto di Napoli Carmela Pagano da quanto tempo manca dal Vasto? Anzi: ci è mai stata?
Qualcuno dice che al Vasto ci sono i razzisti. Altri dicono che al Vasto la gente ha paura soprattutto degli immigrati. La distorsione cognitiva avviene per la massiccia presenza e pubblicazione a mezzo social e giornali di video e resoconti sulle notti degradate in piazza Principe Umberto o in via Firenze e via Bologna, dove è massiccia la presenza di migranti dei Cas lasciati a ciondolare senza un obiettivo. Se avessimo telecamere puntate davanti alle piazze di spaccio o davanti al pagamento delle mesate, i mensili che i commercianti devono ai clan per stare tranquilli, forse la percezione cambierebbe. Cambierebbe forse ad ogni carico di droga nelle piazze di spaccio, quando alle 22 o alle 23 si sparano i fuochi per annunciare al mondo circostante che il supermarket della droga è aperto e funzionante. È ingeneroso dire dei residenti del Vasto che sono razzisti, così com'è ingeneroso dire che i residenti del Vasto sono impauriti solo dagli immigrati sudafricani, maghrebini o dell'Est Europa (i georgiani tanto per dare un nome). Questa zona così lo è diventata, non lo era, stava sviluppando una sua convivenza con l'immigrazione. Ma il degrado, la sporcizia (fossi un delegato dell'Asìa, l'azienda di igiene ambientale di Napoli avrei vergogna di venire al Vasto), la mancanza di regole e di sorveglianza delle forze dell'ordine che qui arrivano solo col ferito o col morto a terra, sta rendendo quest'area il Ventre di Napoli degli anni Venti. Il bacillo dell'intolleranza razziale prenderà corpo da questa zona, se non si invertirà subito la rotta, non ci saranno proteste o fugaci manifestazioni a impedirlo. E responsabili saranno coloro che dopo aver sentito e visto non fecero nulla per impedirlo.