Non suoni come una provocazione: Antonio Bassolino deve veramente ringraziare Luigi de Magistris: senza la deludente prova di governo dell'attuale sindaco, la sua rentrée non sarebbe mai stata possibile. De Magistris ha toccato il punto più basso del suo mandato fra il secondo e il terzo anno: troppo forti erano le aspettative lanciate nel 2011, troppo alta era l'asticella delle promesse elettorale (dalla raccolta differenziata al 70% fino all'annuncio di voler portare qui Barack Obama e Al Pacino, giusto per ricordare le più clamorose) e troppo evidente era ed è la realtà d'una città alle prese sempre con gli stessi problemi, irrisolti dal sindaco arancione così come dai suoi predecessori. Nel corso dell'ultimo anno e mezzo di mandato de Magistris è in risalita. Napoli non sta meglio: semplicemente col tempo gli entusiasmi sono rientrati nei ranghi e l'azione politica si è cronicizzata nella sua insufficienza, complice – è giusto ricordarlo – anche una mancanza di fondi statali e regionali. Politicamente de Magistris si è messo contro tutti: dal Quirinale ai tribunali, all'ultimo deputato del Pd, del Pdl , del Movimento Cinque Stelle, di Italia dei Valori fino alla Rai e svariati gruppi editoriali.
La spazzatura, è vero, non marcisce più in strada. Ma il problema non è risolto in loco: i rifiuti di Napoli si portano all'estero. E poi, non dimentichiamolo, c'è un termovalorizzatore ad Acerra che ne brucia una parte. Lo stesso impianto contro cui il sindaco di Napoli fa le crociate, viene poi usato per bruciare la munnezza partenopea. Alla faccia della coerenza. Il riciclaggio del pattume è fermo a percentuali vergognose, non c'è un impianto di compostaggio (pure promesso), il degrado delle strade è evidente con o senza un Massimo Giletti pronto a ricordarcelo in diretta tv. Ci sono state due guerre di camorra, la disoccupazione è a livelli altissimi, il centro storico cade a pezzi come manco L'Avana dopo mezzo secolo di embargo. Non sono tutte colpe da ascrivere all'azione di governo del sindaco di Napoli. Ma prima o poi dovremo mettere una linea e tirare le somme? Sono passati o no 5 anni?
Oggi, dunque, Antonio Bassolino è candidato ma con lo scoglio delle primarie e del ‘fuoco amico' nel Pd da superare. Le consultazioni interne democrat avranno luogo fra oltre 3 mesi e in questo periodo l'ex sindaco del ‘Rinascimento' deve ricostruire un rapporto con una parte ben chiara della sua città. Ci sono varie tipologie di soggetti difficili cui parlare: i giovani e inconsapevoli, per niente affascinati dal mito del sindaco del G7 e più propensi a votare un candidato del Movimento Cinque Stelle, l'attuale sindaco o non recarsi nemmeno alle urne. Poi ci sono gli avvelenati, coloro che hanno conosciuto l'impero di don Antonio nell'ultimo mandato da governatore tutt'altro che entusiasmante e non lo voterebbero. E ancora: i recuperabili, cui il Pd non ispira più fiducia ma che attendono di essere presi per mano da un uomo ‘forte' e carismatico.
All'interno del Partito democratico i renziani della Campania sono divisi. Parte di questi deve a Bassolino la carriera politica e già da mesi si sente ‘chiamata alle armi'. Un'altra parte – quella dei Vincenzo De Luca e dei Mario Casillo – oggi si dipinge come ‘slegata' da ogni obbligo con l'ex governatore. Che faranno? Cercheranno un altro candidato per Napoli col rischio di non arrivare nemmeno al ballottaggio come 5 anni fa? Oppure – e vale soprattutto per De Luca – cercheranno l'accomodamento? La questione nella città meno renziana d'Italia è umana non solo politica: De Luca è stato sempre all'ombra di Bassolino. Vorrà passargli la borraccia in corsa come Bartali e Coppi o dargli una pedata come fra Rossi e Marquez?
Matteo Orfini in questi giorni ha parlato. Ha parlato a La Stampa da presidente del Pd di Matteo Renzi dicendo che "crescono i fenomeni di cesarismo e autoreferenzialità". Parla di Napoli o del suo disastro a Roma dove ha in pratica consegnato una città allo sbando per come è stato gestito il caso Ignazio Marino? A Napoli la voce degli Orfini s'ode lontanissima al pari di quella delle Rosy Bindi con De Luca. Solo che don Antonio non è Vicienzo ‘a funtana. Bassolino nella sua storia politica è sempre stato "allineato e coperto" all'interno del partito. E quando a L'Unità, dichiara che nel caso non ci fossero "primarie vere", il "quadro cambierebbe", facendo intuire che è pronta la sua lista civica per Napoli, il suo non è un aut-aut ma la definizione di uno stato di cose chiarissimo a chi conosce le vicende all'ombra del Vesuvio: qui nomi degni di governare la terza città d'Italia, il Pd non li ha.
De Magistris non è riuscito, in cinque anni – al pari del suo sfidante – a creare una leva politica capace di governare la prossima consiliatura. L'ex giudice di Why Not ha fatto 4 rimpasti, nella sua giunta sono passati 24 assessori. L'impianto iniziale, quello di gente come Raphael Rossi, Giuseppe Narducci, Riccardo Realfonzo, letteralmente sbattuti via, non esiste più. È rimasto, l'ex pm, in compagnia dell'ex carabiniere Attilio Auricchio, suo unico fedelissimo e custode di strategie. L'arroccamento: è questo uno dei demeriti della sua esperienza di governo, la breccia più grande nella quale Bassolino potrebbe insinuarsi e cercare di far crollare un castello tutto sommato sgarrupato. Il problema è questo: quant'è solida la candidatura di don Antonio? Il rischio che sia uno scontro fra due debolezze è altissimo. A rimetterci sarebbe solo Napoli.