Della sua verità, del racconto fatto dalla ragazza che qualche mese fa è andata dai carabinieri e ha formalizzato un esposto per molestie sessuali contro un prof dell'Accademia di Belle Arti di Napoli non possiamo che rivelare pochi stralci. Il motivo è semplice: il diritto di cronaca in questa storia non può e non deve superare quello alla riservatezza, non può e non deve superare quello allo svolgimento di una indagine (relativamente) serena, non deve annientare il diritto alla difesa di chi è nella posizione ‘preliminare' di accusato.
Tuttavia il docente – i cui esami in Accademia sono ora affidati ad una commissione – attraverso i suoi avvocati si è difeso dalle colonne del quotidiano Il Mattino. I legali parlano di «gogna mediatica» e ricostruzione «non corretta» e di un rapporto consenziente, una relazione fra adulti e basta, insomma. E ora la ragazza, la giovane donna che si trova al centro questa storia e che finora ha parlato solo nelle sedi deputate, ovvero ai carabinieri, vuole dire la sua. Gli atti sono al vaglio del pm Cristina Curatoli e del procuratore aggiunto Raffaello Falcone, insieme al contenuto di un cellulare che sarà definitivamente acquisito il prossimo 5 marzo con un accertamento irripetibile.
La giovane donna dice soprattutto una cosa, che va ovviamente riscontrata e verificata, ma la dice chiaramente: «Sono state contattate e infastidite altre ragazze». E ancora: «delle mie compagne parlano e dicono di ricevere messaggi inappropriati». Il suo racconto è un fiume in piena, spesso si fa plurale: «Noi vogliamo essere tutelate, vogliamo vivere una vita in cui non dobbiamo temere di attraversare quei corridoi (dell'Accademia ndr.)». «Sono stata contattata su Instagram dopo l'esame di ammissione orale – spiega – con un linguaggio molto informale». Poi il racconto va avanti, l'evoluzione del rapporto da verbale a fisico, la ragazza spiega chiaramente come si è sentita: «È stato disagiante» è solo una delle frasi che, per i motivi su detti, possiamo riportare.
E infine, raccontando il suo ritorno a lezione: «Mi sono detta: non devo scappare, devo affrontare, sono ritornata al corso dove c'è stato un velo di silenzio in Accademia ed è continuato anche dopo. E adesso che le cose stanno uscendo chiedo: basta parole, tutelateci. Il trauma di una violenza noi lo portiamo per sempre»