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Opinioni

Rione Sanità, Genny Cesarano e l’assurdità dello striscione ‘anticamorra’ strappato

Un funerale non è una bacheca di Facebook, dove si scrive qualsiasi cosa anche senza averla prima condivisa con gli altri. E la storia dello striscione ‘anticamorra’ (che contro la camorra non ha proprio nulla) è uno dei modi per parlare d’altro e evitare di discutere delle tante responsabilità che ha chi governa il territorio.
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Ieri ero ai funerali di Gennaro Cesarano, Genny, il 17enne ucciso al rione Sanità, nella zona della sanguinosa faida di camorra, durante una sparatoria. Una volta concluso il funerale, è iniziata a circolare la voce, avvalorata dalle dichiarazioni del presidente della Terza Municipalità, Stella San Carlo all'Arena, Giuliana Di Sarno, di uno striscione con la scritta «Genny vive nei nostri cuori. La la camorra lo ha ucciso» strappatole di mano e distrutto allo scopo di non esibirlo. Ciò, secondo Di Sarno, poiché lo striscione conteneva la parola «camorra». Intervistata da Repubblica Napoli, l'esponente politico di centrosinistra ha dichiarato: «Questa volta ha vinto la camorra».

Qualcosa non torna.

Don Antonio Loffredo, il prete della Sanità – che camorrista non è –  ha dichiarato semplicemente che in chiesa era stato autorizzato un solo striscione, quello su cui c'era scritto "Genny Vive" e nient'altro. «È una chiesa, non si mettono striscioni» aveva motivato. Chi era al rione Sanità, ai funerali del ragazzo, si è subito reso conto che la funzione, così come il corteo che ha attraversato tutto il rione con la bara, si sono svolti in maniera silenziosa e sobria. Nessuna ‘sceneggiata' (come pure qualcuno, soprattutto tra i giornalisti e videoreporter inviati da fuori si attendeva o sperava). Nemmeno sul sagrato della chiesa c'erano striscioni.

Non solo: ai funerali non c'è stato nessun coro da stadio (solo alla fine un "Genny-Genny", quando il feretro è stato deposto in auto per il trasferimento al cimitero); nessuna bandiera (c'erano solo due  vessilli di congreghe religiose) nessuno striscione di partiti, organizzazioni, associazioni, movimenti. Nessun volantinaggio, niente di niente. Qualcuno, per lo più gli amici stretti, con le magliette – autoprodotte – con le fotografie di Gennaro Cesarano. Qualche palloncino bianco, qualche lanterna da far volare in cielo con una dedica. Chi fa questo mestiere e ha avuto a che fare coi funerali di giovanissimi sa che sono modi per lenire un dolore così forte quanto innaturale.

C'era fin dall'alba (i funerali sono stati disposti apposta alle 7.30 del mattino) uno stato d'allerta che la questura motivava col rischio di rappresaglie di clan durante i funerali. Via Medina ha messo in campo un pezzo da novanta, il vice questore aggiunto Maurizio Fiorillo, per dirigere le operazioni di ordine pubblico. C'erano oltre mille persone in piazza, la chiesa era stracolma tra posti a sedere e posti in piedi. In tutta questa situazione, gigantesca, l'unica situazione di ordine pubblico che sarebbe emersa è la denuncia dello striscione? Approposito: ma il presidente della Municipalità ha denunciato alle forze dell'ordine la presunta aggressione? Strapparle uno striscione di mano è cosa grave, no?

Altro elemento: martedì scorso duemila persone avevano sfilato dietro uno striscione con la scritta «No camorra!». Un messaggio chiarissimo, dove centinaia di persone, donne uomini e bambini ci hanno messo la faccia. Nel giro di pochi giorni hanno cambiato idea? Possibile, certo. Ma è un elemento sfuggito a tutt'Italia tranne che al presidente della Municipalità?

Continuando: cosa recitava il temibile striscione strappato? «Genny vive nei nostri cuori. La camorra lo ha ucciso». Nei cuori di chi? Chi è autorizzato a esprimere questa sofferenza coram populo? Don Loffredo? Padre Alex Zanotelli? Qualcuno degli educatori che quotidianamente si fa il mazzo così al rione Sanità? I parenti, gli amici? No, un esponente politico che in quella zona è latitante, su quell'area di sua competenza non ha lavorato dal giorno dopo la sua elezione, nel 2011. E quale diritto si arroga chi pretende l'esposizione plateale del proprio pensiero non condiviso con nessuno, al funerale di un ragazzo? Pensa fosse che il mondo sia una bacheca di Facebook?

Qui la versione del ragazzo che ha strappato lo striscione dalle mani del presidente della Municipalità

«Genny vive nei nostri cuori. La camorra lo ha ucciso» diceva il temibile striscione. Ovvero, Gennaro vive nei cuori di chi resta. Ma la camorra lo ha ucciso. Quindi Gennaro Cesarano vive o no, nonostante la morte? Insomma, ma che cazzo di messaggio era? Dov'è la caratteristica "anticamorra" di cui si ciarla? E infine: se la famiglia del ragazzo si sta sgolando per dire che il figlio non era un camorrista, era un ragazzo che aveva avuto i suoi maledetti problemi ma non era, non era un camorrista, perché condannarlo post mortem all'associazione con quella parola? E per di più nel giorno del suo funerale? Un modo per parlare solo della camorra e nascondere le responsabilità di chi governa il territorio, anzi di chi dovrebbe farlo e non lo fa?

articolo modificato il 13/09/2016

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Giornalista professionista, capo cronaca Napoli a Fanpage.it. Insegna Etica e deontologia del giornalismo alla LUMSA. Ha una newsletter dal titolo "Saluti da Napoli". È co-autore dei libri "Il Casalese" (Edizioni Cento Autori, 2011); "Novantadue" (Castelvecchi, 2012); "Le mani nella città" e "L'Invisibile" (Round Robin, 2013-2014). Ha vinto il Premio giornalistico Giancarlo Siani nel 2007 e i premi Paolo Giuntella e Marcello Torre nel 2012.
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