Stanno emergendo, con gli arresti di queste ultime ore, realtà che solo coloro che non volevano volutamente capire, non capivano: a Napoli la strada delle pizzerie storiche, delle trattorie popolari, ovvero via Tribunali, il Decumano Maggiore, era preda del racket. Il pizzo era imposto a tutti i locali. A eccezione di chi, avendo raggiunto punte di eccellenza e potere mediatico, era evidentemente difficile da stritolare con la richiesta di almeno 100 euro a settimana e dei 3-5mila euro sotto Natale e Capodanno.
Qualcuno, a Napoli e fuori Napoli, all'indomani della bomba sotto la pizzeria di Gino Sorbillo, si era vestito – come sempre più spesso accade in questa città – da giudice della Suprema Corte di Cassazione. E pure non avendone titoli, conoscenza e cultura, aveva sentenziato che no, la bomba da Sorbillo "era una bombetta" o addirittura che il pizzaiolo napoletano ci stesse in fondo marciando su questo boom mediatico conseguente la vicenda.
Ora, con gli arresti dei Sibillo, i ‘baby camorristi' violenti quanto manovrati dagli storici boss – che si tengono ben lontani dalla strada – emerge la verità sul clima di terrore di questi mesi, di questi anni, nel tanto osannato "centro storico preso d'assalto dai turisti".
L'assalto è semmai della camorra che mangia anche sul boom turistico. Quanto vorremmo vedere il sindaco di Napoli Luigi De Magistris, ormai diventato una specie di editorialista politico nazionale e non più un amministratore locale, fare i conti con questa realtà, anziché osannare solo il turismo attuale che porta soldi, ma nelle tasche di pochi.
E quanto vorremmo vedere una fila, lunga, in via dei Tribunali: tutti quelli che dovrebbero oggi chiedere scusa a Gino Sorbillo: liberi pensatori dei social network, influencer con l'unica idea del chiacchiericcio, giornalisti senza idea alcuna di Napoli. E anche certi pizzaiuoli che dovrebbero restare dietro al bancone e preoccuparsi semmai di non pagare la camorra.