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Opinioni
Rione Vasto di Napoli, emergenza criminalità

A caccia del vero invasore di Napoli

Da rione multietnico al luogo dell’invasione: mutazione genetica del Vasto di Napoli nell’epoca della Lega di Salvini. Il degrado e la sottovalutazione delle drammatiche condizioni sociali della zona sono l’ideale terreno di coltura per gli episodi di intolleranza razziale. Qualcuno soffia sulla rabbia e potremmo trovarci, a breve, col bubbone che esplode in centro città.
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Sei ragazzi su tre motorini bloccano quel pezzo di via Toledo a monte e a valle. Piazzano una bomba sotto la saracinesca di un bar, vanno via, venti secondi ed esplode tutto. Napoli, 2018.
Il giorno dopo centinaia di persone si inginocchiano e pregano il loro Dio nel giorno in cui si deve, usando un grosso spazio in piazza Garibaldi. Napoli, 2018.
Chi è l'invasore, quale lingua parla?
Dove andrà, quando verrà a Napoli, il nuovo ministro dell'Interno?

Via Carbonara, in quel palazzo «abita un pusher» (questo ti dicono tutti, pure le guardie). Da uno scooter una mano esplode una scatarrata di proiettili.
Poco più giù, in piazza Principe Umberto, i tassisti qualche settimana prima avevano intommato di mazzate un rapinatore algerino; mentre lo facevano hanno girato pure un video.
Chi è l'invasore, dove abita?

Il Vasto. Il Vasto di Napoli è più posti, ovviamente in contraddizione. Lo chiamano Vasto ma è stretto. Ce ne sono due: quello dietro la Ferrovia è fatto di budelli infami per chi ci vive, senza luce né pulizia. Fosse viva Matilde Serao non cambierebbe un rigo del suo Ventre di Napoli. Certo, quei luoghi potrebbero essere angoli caratteristici; per ora sono inferni in vitro. Nel Vasto a Chiaia, invece, è tutto vezzeggiativo: alla moda baretti, sfiziosi chioschetti, deliziosi negozietti. Cosa li differenzia, che storia hanno avuto i due luoghi per avere destini così diversi?

Concentriamoci su quel Vasto che non ebbe fortuna. Quello in cui abita «lo nero periglio che vien dal mare». Lo straniero trovò terra a Napoli passando dal barcone sul Mediterraneo ai basoli schiaffeggiati dal sole, senza tregua, con mille possibilità e nessuna davvero giusta e definitiva, tutte soluzioni in bilico, appigli come liane, tutte illegali, molte pericolose. Trovò tetto nella matassa di strade coi nomi dell'Italia, Firenze, Bologna, Trieste. È lì infatti che soggiorna l'Altra Italia, quella che nel 2018 non ha diritti e si scontra con tutto il resto.

Percorri i 250 metri di via Firenze e avrai la mappa dell'immigrazione in città.

Che lingua parla l'invasore? Per certi giornalisti i nomi,  facce e passaporti sono tutte uguali. La gente ‘e mmiez ‘a via invece pretende di conoscere sentenziando per luoghi comuni: «Non fare incazzare l'algerino che caccia il coltello». «Il senegalese? E come ti pigli a mazzate, lo vedi quanto sono grossi

Nel 2017 furono sgomberati gli ambulanti di via Bologna, l'Amministrazione comunale promise un mercatino etnico che mai s'è visto; nello stesso anno è stato siglato un accordo per trasformare i Cas, i centri di accoglienza straordinaria in Sprar, i centri di seconda accoglienza, entro marzo 2018. Dove stanno? Non esistono.

Come si infetta un tessuto col morbo del razzismo? Il terreno di coltura dev'essere ben predisposto: mettici l'incremento di microcriminalità, in percentuale proporzionale all'incremento del turismo. Mettici che succede nella Municipalità 4, San Lorenzo, Vicaria, Poggioreale, Zona Industriale, quella del centro in cui è storica e più  forte la presenza di formazioni di destra. È la zona dei rioni; vastissima, 95mila persone censite,  oltre 150mila in circolazione ogni giorno. Tiene dentro di tutto: da rione Forcella al Borgo di Sant'Antonio Abate fino ai caseggiati di edilizia popolare cari a Elena Ferrante: rione Luzzatti, rione Sant'Erasmo, la Stadera, rione Ascarelli. E poi l'Arenaccia, rifatta con le leggi del Risanamento e ancora verso est, gli spazi ampi della Zona Industriale.

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In un territorio così ampio e popolare è facilissimo dare la colpa di tutto agli ‘altri'. Ci sono (c'erano) insediamenti rom; c'è la stazione ferroviaria che come una pietra di tufo tutto raccoglie e tutto restituisce ci sono senegalesi, maghrebini, nigeriani, pakistani, bengalesi, cinesi. L'altra presenza, quella dei clan di camorra che da decenni hanno piantato bandierine nei palazzoni Erp, monovani fronte strada uso commerciale, nei piazzali,  non è segnalata né sanzionata. Dunque per ogni scippo esiste il mariuolo e non il ricettatore, per ogni bottiglia di mefitico alcool a buon mercato esiste il rivenditore e non il grossista, per ogni market pakistano aperto tutta notte esiste il gestore e non il proprietario dello stabile, il prestanome di acqua e luce, esiste «il negro che appesta il palazzo con la cucina» e non chi gli ha affittato casa abusivamente; esiste lo spacciatore ma non il narcotrafficante, l'armato e non l'armiere.

Con rabbia l'unghia tira via la superficie, come l'argento dal gratta e vinci. E vinci il nemico, sai con chi prendertela per il caldo, per i pochi soldi a fine mese, l'ammuina sotto casa che non fa dormire, la puzza di merda dei cassonetti sempre pieni, una vita che scivola, scivola via senza nu juorno buono, ma buono veramente. E così l'odio trova casa: c'era l'uscio aperto, è entrato e si è seduto. Qualcuno griderà e si ergerà a leader di questa rabbia: Napoli avrà il suo razzismo a buon mercato; succederà qualcosa e non sarà bello. Ma era tutto intorno a noi, gli elementi per capirlo c'erano già. Facemmo finta di nulla. Non tutti, ma facemmo finta di nulla.

Nessuno mi aiuta,
e neanche mi consola,
si può essere provati dalla difficoltà,
ma dimenticarsi del proprio fratello non fa onore
Segen, il poeta migrante eritreo morto il giorno dopo il suo sbarco a Pozzallo nel marzo 2018.

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Giornalista professionista, capo cronaca Napoli a Fanpage.it. Insegna Etica e deontologia del giornalismo alla LUMSA. È autore del libro "Se potessi, ti regalerei Napoli" (Rizzoli). Ha una newsletter dal titolo "Saluti da Napoli". Ha vinto il Premio giornalistico Giancarlo Siani nel 2007 e i premi Paolo Giuntella e Marcello Torre nel 2012.
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