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Camorra, arrestato il boss Marco di Lauro

Marco Di Lauro, Salvatore Tamburrino e il timore di una reazione di Secondigliano

In un contesto di tensione come quello immediatamente successivo all’arresto di Marco Di Lauro, anche elementi apparentemente insignificanti diventano possibili segnali. È il caso di un drappo annodato davanti al commissariato di polizia a Secondigliano e notato da molti residenti nelle ultime ore. La memoria va ai segnali che i clan rendono evidenti per mostrare una imminente reazione verso chi ha contribuito, direttamente oppure indirettamente, alla cattura del capo, latitante da tempo.
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Un drappo bianco annodato sui fili davanti al commissario di Polizia al corso Secondigliano è semplicemente quello che è: un drappo bianco annodato davanti ad un commissariato. Ma se lo si inscrive in un momento storico e lo si guarda con una lente che evidenzia quei micro segnali alla base del lessico di camorra ecco che pure un drappo bianco finisce per significare o simboleggiare qualcos'altro.

La pezza è girata intorno ai fili della linea elettrica dei trasporti, fino al pomeriggio di sabato 2 marzo non c'era. Non si sarebbe fortuitamente impigliata: qualcuno si sarebbe preso la briga di annodarla, proprio dinanzi il presidio di polizia di Secondigliano, poche ore dopo l'arresto di Marco Di Lauro.

A sostegno del ragionamento iniziale va messo un contrappunto: che quella pezza sia un segnale volontario o no, addirittura importa poco. Importa solo che stamane, a Secondigliano, tanta gente ha pensato la stessa cosa. Ha pensato ad un segnale destinato a chi ha contribuito – tradendolo o semplicemente ‘incasinando' quel perfetto meccanismo alla base di una latitanza durata 14 anni – all'arresto di Marchetiello, l'F4 della dinastia criminale Di Lauro.

Un personaggio, Marco Di Lauro, il cui effettivo potere operativo potrebbe essere stato addirittura sovrastimato. Ma che evidentemente, vista la sua lunga latitanza, era diventato un simbolo per una generazione di affiliati al clan di Secondigliano.

Torniamo ai fatti immediatamente precedenti l'arresto di F4. Ormai è certo che l'evento sia legato a doppio filo all'omicidio, avvenuto poche ore prima a Melito, di Norina Matuozzo, ammazzata dall'ex compagno, quel Salvatore Tamburrino ritenuto vicino al super latitante di via Cupa dell'Arco.

Quando Tamburrino ha commesso omicidio e si è consegnato nelle mani dei carabinieri ha compiuto il destino suo e quello di Marco Di Lauro. Ha direttamente o indirettamente agevolato il lavoro degli inquirenti? Cosa importa davanti al risultato? Il rampollo di Ciruzzo è in galera e in quel mondo gli errori non sono riparabili.

Corsi e ricorsi storici: la storia della camorra nella zona Nord è intrisa di vendette. Basti un episodio per tutti: l'omicidio di Eduardo La Monica, 29 anni , nipote di Aniello, alias Anielluccio ‘o pazzo. Il giovane, tacciato di alto tradimento (anche lì non si sa se diretto o indotto) ai danni di Ciruzzo ‘o milionario, fu ucciso e prima ancora orrendamente mutilato e torturato, gli furono spezzati i polsi, gli occhi cavati dalle orbite e incisa una croce sulle labbra.

Concludendo: un drappo bianco davanti ad un commissariato non dice nulla, non è nulla. Ma se intorno a quel nulla c'è già un'aria di vendetta, vuol dire che un futuro non scritto, ma prossimo, è all'orizzonte. E vuol dire che forse, al di là dell'effettivo ruolo di Tamburrino nell'affare Di Lauro jr. (fermamente smentito dal suo avvocato) è necessario tenere conto di questo clima di morte.

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Giornalista professionista, capo cronaca Napoli a Fanpage.it. Insegna Etica e deontologia del giornalismo alla LUMSA. Ha una newsletter dal titolo "Saluti da Napoli". È co-autore dei libri "Il Casalese" (Edizioni Cento Autori, 2011); "Novantadue" (Castelvecchi, 2012); "Le mani nella città" e "L'Invisibile" (Round Robin, 2013-2014). Ha vinto il Premio giornalistico Giancarlo Siani nel 2007 e i premi Paolo Giuntella e Marcello Torre nel 2012.
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