Nelle foto di gruppo e nei selfie sorridono. Per forza. Devono infatti «impegnare attività personale spontanea e gratuita» per «contribuire positivamente al miglioramento e al mantenimento del buon nome del Paese nonché al successo di Napoli 2019». Hanno sulle spalle una mission importante, i volontari delle Universiadi 2019 di Napoli. Obiettivo importante, compenso misero: 25 euro al giorno. E una organizzazione che qualcuno di loro definisce «disastro olimpico».
Luccica ma non è oro, l'Universiade di Napoli: è bastato grattare la superficie per far venire alla luce l'oro di Bologna. Nell'evento sportivo voluto dalla Regione Campania il gradino più basso, ovvero coloro che con entusiasmo hanno scelto di voler prender parte – per poco più di niente in cambio – alla grande macchina organizzativa, si sono trovati alle prese con mancanza di formazione e zero chiarezza nelle mansioni. Ma soprattutto – stando alle testimonianze di coloro, non pochi, che hanno parlato con Fanpage.it – i ragazzi non riusciranno a trarre altro che una lezione da questo pasticciaccio brutto: che è meglio non mettersi in mezzo, la prossima volta.
Universiadi, le divise invisibili
«Per svolgere le attività durante l’evento, ti verrà fornita un’uniforme. La devi indossare sempre durante le ore di attività. A garanzia del rispetto di tutti e dell’immagine pubblica dell’evento, l’uniforme deve essere mantenuta in buono stato e non può essere alterata da accessori o oggetti». Così recita la guida dei volontari.
Fra coloro che hanno parlato con Fanpage.it non ci sono soltanto ventenni alla prima esperienza, desiderosi di ‘dare una mano'. C'è anche chi un po' di esperienza nel circuito dei grandi eventi l'ha fatta. Addirittura pure chi ha preso parte alle Olimpiadi di Rio nel 2016. E così, se i novizi non si sono scomposti davanti alla disorganizzazione, chi aveva un po' d'esperienza è rimasto sconcertato davanti a certi scenari. Esempio: le divise. I ragazzi avrebbero dovuto indossare fin dal primo giorno dell'evento (che formalmente è iniziato il 4 luglio ma in realtà prima, perché la macchina organizzativa doveva muoversi per tempo) una divisa: t-shirt, cappellino. Dove sono le divise? Non si sa. «Indossate scarpette obbligatorie pantaloncino e t-shirt bianca» si leggeva qualche giorno fa nelle chat dei volontari. Mica male per un evento di pochi giorni in cui gli abiti da lavoro sono già stati pagati.
«Cosa offriamo? Uniforme ufficiale di Napoli 2019; rimborso spese (25 euro al giorno); cibi e bevande per ogni turno di lavoro; accesso gratuito ai mezzi di trasporto pubblico per raggiungere il luogo interessato; sessioni di formazione relative alla gestione degli eventi sportivi e del terzo settore; certificato di partecipazione ufficiale». Così recita il sito nato per reclutare volontari. «Le divise qualcuno le ha avute qualcuno ancora no. Siamo ormai a metà evento, quando arriveranno serviranno a cosa? Sicuri che le avranno tutti?» racconta uno dei ragazzi. Ironia della sorte, se qualcuno però vuole acquistare una maglia delle Universiadi – non si sa se autorizzate o meno – le trova nei negozi. Il costo? Quindici euro.
Universiadi, il ‘contratto' Amesci: chi si lamenta è fuori
Ci sono trattati di psicologia dei gruppi che spiegano quanto le regole vaghe possano instaurare un clima di paura finanche nella legittima e libera espressione delle proprie idee. Il ‘contratto' vergato dalla Amesci, l'associazione di promozione sociale che gestisce i volontari dell'Universiade in Campania è vaghissimo su determinati aspetti. «Comportamenti inappropriati possono causare l'esclusione dal ruolo di volontario». E quali sono questi comportamenti? Non si sa. «Qualora dovessero riscontrarsi comportamenti contrari alle norme di condotta, il volontario potrà essere sospeso dal servizio in via cautelativa e motivata in attesa di accertare la verdicità dei fatti». Una condanna prima della sentenza, chissà che ne pensa il super-garantista governatore Vincenzo De Luca.
E così, se non si vuol finire esclusi non tocca far altro che evitare di lamentarsi e attenersi al vecchio adagio: "La miglior parola è quella che non si dice". Il giornalista che volesse tentare una chiacchierata coi volontari in pubblico sortirebbe sempre lo stesso risultato: «Tutto bellissimo!». In privato o nei gruppi social l'atmosfera cambia e molto.
Le chat dei volontari Universiadi
Nelle chat Whatsapp, Telegram e nei gruppi Facebook nati tra i volontari ci si imbatte in problemi d'ogni tipo. Prima ancora di iniziare il problema fu la formazione: «Non siamo stati formati – spiega un ragazzo a Fanpage.it – o siamo stati formati per un compito e poi ci hanno destinati ad altro». Poi, il caso dei pass per l'accesso alle aree. Gli accrediti, fondamentali per regolamentare gli accessi e la sicurezza dovevano essere validati e poi trasformati in un pass che veniva stampato, laminato (ovvero plastificato) non prima di apporre un ologramma adesivo per renderlo non falsificabile. «All'inizio non avevamo i bollini con l'ologramma – spiega un volontario a Fanpage.it – e comunque ci sono arrivati nomi da inserire da chiunque. Ad un certo punto mi sono chiesto e ho chiesto, signori ma noi non possiamo inserire i nomi da accreditare nel sistema, siamo dei volontari! E la sicurezza?».
E ancora: i buoni pasto: i Ticket forniti dall'organizzazione sono utilizzabili solo in determinate strutture. Per molti, non tanto a Napoli ma quanto nel resto della regione, ciò ha rappresentato un problema: «Al Palacoscioni di Nocera i buoni consegnati sono inutilizzabili dappertutto» spiega un volontario impegnato nella provincia di Salerno. Altri spiegano che ad esempio a Fuorigrotta è stato necessario un lavoro di intelligence per capire chi potesse o meno accettare i ticket pranzo.
«Saremo tanti e in pessime condizioni» dice uno dei ragazzi nelle chat organizzative, preconizzando ciò che effettivamente sta accadendo. Solo che nessuno si lamenta. C'è chi legittimamente pensa di aver a che fare con la migliore delle organizzazioni; c'è anche chi avrebbe da dire ma non vuole restare escluso. Perché stando a quelle regole chi si lamenta è fuori, a insindacabile giudizio dell'organizzatore che ha supervisori ad hoc.
Volontari Universiadi, non si parla coi giornalisti
I volontari delle Universiadi di Napoli possono nemmeno parlare coi giornalisti: lo prevedono loro regole del progetto "Univolonta" di Amesci. Il ‘consiglio' è rispondere diplomaticamente e rinviare tutti all'ufficio stampa dell'evento. Sta alla valutazione di chi legge quale possa essere il valore di una regola del genere, in una manifestazione sportiva giovanile di respiro mondiale.